Top menu

2009_stagno_w.jpg2009_mantovainrosso_w.jpg2012_tre-alberi_w.jpg2009_sottobosco_w.jpg2012_nebbia-su-mantova_w.jpg2009_tramonto_w.jpg2011_settembre_w.jpg2012_campo-papaveri_w.jpg2009_toscanasera_w.jpg2011_paes-invernale-2_w.jpg2011_forza-del-vento_w.jpg2008_controlucemn_w.jpg2010_steppa_w.jpg2009_incendio_w.jpg2008_oltreorizzonte_w.jpg2011_cespuglio_w.jpg2011_schiumadonda_w.jpg2011_paes-invernale-1_w.jpg2008_acquitrino_w.jpg2007_grandepino_w.jpg2009_tramonto2_w.jpg2011_marina_w.jpg2012_squarcio-di-luce_w.jpg2009_sorgere_w.jpg2010_temporale_w.jpg

settenario

Il settenario non è un verso di sette sillabe, bensì un verso in cui l’accento tonico principale cade sulla sesta posizione. Normalmente i settenari sono piani (7 posizioni); raramente sono tronchi (6 posizioni) o sdruccioli (8 posizioni); rarissimi gli altri casi.

Il settenario è un verso di sette sillabe metriche (posizioni) con accento principale (arsi) sulla 6ª, e uno o due accenti secondari su una delle prime quattro posizioni. I ritmi più ricorrenti sono:

• ritmo giambico (U – U – U –́ U): Rettor del cielo io cheggio (Petrarca)
• ritmo anapestico (UU – UU –́ U): A le piaghe mortali (Petrarca)
• ritmo trocaico-giambico (– UU – U –́ U): L’anima mia offesa (Petrarca)
• ritmo trocaico-dattilico (– U – UU –́ U): Spera ‘l Tevero e l’Arno (Petrarca)

Il settenario di norma si alterna con l’endecasillabo (di cui costituisce il primo emistichio nell’a maiore), con cui condivide la varietà dei ritmi.

Frequente, specie nella poesia per canto o derivata da essa (secoli XVII-XIX), è l’alternanza di settenari piani, sdruccioli e tronchi (questi ultimi quasi sempre in fine di strofa).