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Ungaretti, “Tutto ho perduto"

Ungaretti: una roccia di gridi

 

Giuseppe UNGARETTI (1888-1970)

da Il dolore (1947)

 

Il tema della lirica è la confessione dello strazio procurato all’autore dalla notizia della morte dell’amato fratello: si tratta, agli occhi di Ungaretti, di una perdita assoluta, che comporta disperazione e alienazione.

La poesia è una meditazione tragica sulla perdita dell’infanzia e della parola, entrambe amputate ad una spada invisibile. La scomparsa del fratello, oltre che una sciagura famigliare, è la perdita dell’ultimo testimone dell’infanzia, di colui che poteva evocarla. L’aver perduto diventa anche una forma di impotenza nei confronti di ciò che rimane, di quella vita che si fa simbolo di una ferita che si chiude in se stessa (cfr. Piccioni, 1971, p. 327).

Quando il dolore umano arriva al culmine della disperazione, il conforto della memoria non aiuta più e il lamento prende la forma di una “non parola”, cioè di una parola destrutturata e disumana. La roccia di gridi dell'ultimo verso è una sinestesia per indicare il grumo di grida e lamenti che, nel cupo momento del lutto, l'uomo non riesce a esprimere perché bloccato al fondo della gola. La mancanza di parole davanti alla tragedia spinge la scrittura di Ungaretti a distendersi in forme sintattiche semplici e piane, simili ad un monologo drammatico recitato a voce alta; viene abbandonata la maniera enigmatica e allusiva di Sentimento del tempo, e il poeta nomina ogni cosa con asciutta e tenera esattezza (cfr. Anselmi-Fenocchio, 2004, p. 390).

Ungaretti recupera alcuni modi sperimentati nell'Allegria, come la misura diaristica di alcuni componimenti, ma qui rappresenta un intimo rovesciamento di prospettiva: l’esperienza della sventura appare come qualcosa di tragicamente chiuso e soffocante, mentre nella fase precedente la morte e la guerra era vista come qualcosa di immenso e dispersivo, impossibile da trattenere se non per frammenti (cfr. Bo, 1969, p. 366).

Il poeta ricorda la gioia assoluta, pura e profonda che in passato gli procurava l’amore per il fratello ed è costretto a denunciare come, una volta privato del prezioso legame, si senta perduto in una notte infinita.

Nota metrica: versi di vario metro (in prevalenza settenari) in due terzine e due quartine alternate. 

 

  TUTTO HO PERDUTO
(1937)
 

1.  Tutto ho perduto dell'infanzia
E non potrò mai più
Smemorarmi in un grido.

 

2.  L'infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.

 

3.  Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.

 

4.  Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è più,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi.

 

 Per approfondire

• G. Ungaretti, analisi di Tutto ho perduto (tratto da Il dolore) = da Editoriali & altro (scheda)