TOMMASO d’Aquino (1225-1274)
Sequentia “Lauda Sion Salvatorem” (t. 7) (1263)
Festo Sanctissimi Corporis Christi, ad missam
Composta da Tommaso d’Aquino nel 1263, su richiesta del papa Urbano IV, nell’ambito della liturgia per la solennità del Corpus Domini di nuova istituzione, presenta un testo sovraccarico di dottrina e di scaltritissima tecnica letteraria (si ricordi che in gioventù Tommaso non dovette essere lontano dalla cerchia dei poeti federiciani, se è vero - come pare - che uno di essi, Rinaldo d’Aquino, fosse suo fratello), ma abbastanza lontano da entusiasmare per valenza poetica.
Nota metrica: coppie (copulae) di strofe in dimetri trocaici, concluse da un verso catalettico. Conforme alla struttura progressiva consueta nelle sequenze, le copulae 1-9 sono composte di 3+3 versi; le copulae 10-11 da 4+4 versi; la 12 da 5+5. Inoltre le strofe sono caratterizzate da rime ripetute in tutti i versi (piani) tranne i catalettici di chiusura (sdruccioli), i quali sono invece legati da omoteleuto all’interno di ogni copula. Casi a parte sono le strofe 3b e 4b (*): mentre rime e omoteleuti rispondono in entrambe allo schema generale, nella 3b i vv. 1-2 sono fortemente ipermetri; la 4b è costituita di tutti versi catalettici.
1a. Lauda Sion Salvatorem 1b. Quantum potes, tantum aude: |
Sion, loda il Salvatore la tua guida, il tuo pastore, con inni e cantici. Sii ardita, quanto puoi: egli supera ogni lode, non vi è canto degno. |
2a. Laudis thema specialis, 2b. Quem in sacræ mensa cœnæ, |
Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode. Veramente fu donato ai dodici riuniti in fraterna e sacra cena. |
3a. Sit laus plena, sit sonora, 3b*. Dies enim solemnis agitur, |
Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi dallo spirito. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. |
4a. In hac mensa novi Regis, 4b*. Vetustatem novitas, |
È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico ha termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra. |
5a. Quod in cœna Christus gessit, 5b. Docti sacris institutis, |
Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. |
6a. Dogma datur Christianis, 6b. Quod non capis, quod non vides, |
È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. |
7a. Sub diversis speciebus, 7b. Caro cibus, sanguis potus: |
È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue: ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. |
8a. A sumente non concisus, 8b. Sumit unus, sumunt mille: |
Chi lo mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. |
9a. Sumunt boni, sumunt mali: 9b. Mors est malis, vita bonis: |
Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito! |
10a. Fracto demum Sacramento, 10b. Nulla rei fit scissura: |
Quando spezzi il sacramento, non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno, non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona. |
11a. Ecce panis Angelorum, 11b. In figuris præsignatur, |
Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non va gettato ai cani. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna dei padri. |
12a. Bone pastor, panis vere, 12b. Tu, qui cuncta scis et vales: Amen. (Alleluia.) |
Buon Pastore, vero pane, Gesù, pietà i noi; nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei vivi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi eredi alla tavola del cielo, nella gioia dei tuoi santi. Amen. (Alleluia.) |
Guida all’ascolto |
Tommaso operò sulla liturgia della nuova festa del Corpus Domini, commissionatagli da Urbano IV ed estesa alla chiesa universale nel 1264, rielaborando e adattando brani del repertorio gregoriano preesistente. Così fece appunto con la melodia di “Lauda Sion”, desumendola da quella di una sequenza più antica e più breve: “Laudes crucis attollamus”, di Adam di Saint-Victor (c.1112-c.1192), in onore della Santa Croce, e adattando il nuovo testo alle strutture metriche del modello. I caratteri sono quelli consueti della sequenza di tipo vittorino: incisi sillabici netti e ben disegnati per ciascun verso; ripetizione identica di ogni frase melodica sulle due strofe di ciascuna copula (solo le copulae 3 e 4 presentano due melodie diverse per le loro due strofe, che si ripetono però da una copula all’altra in sequenza XY, XY); climax evidente nella estensione della melodia, che dalla copula 1 (re-do) si estende progressivamente (2= re-re; 3= do-mi) fino alla 4 (fa-sol), per poi lentamente ridursi nel seguito del canto.
[LU 945-9]