Orazio: non te restituet pietas
La turbinosa ruota del mondo
Q. HORATIUS Flaccus (65-8 a.C.)
Carmina IV, 7
Nota metrica. Sistema archilocheo secondo, ossia strofe distica costituita da un esametro dattilico seguito da una tripodia dattilica catalettica:
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Diffugere niues, redeunt iam gramina campis arboribus comae; |
Sono fuggite le nevi, ritornano già le erbe ai campi |
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mutat terra uices et decrescentia ripas flumina praetereunt; |
muta la terra le sorti e decrescenti i fiumi vanno oltre le rive; |
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Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet ducere nuda chorus. |
5 | la Grazia con le Ninfe e le sorelle gemelle osa condurre nuda i cori. |
Inmortalia ne speres, monet annus et almum quae rapit hora diem. |
Che tu non speri cose immortali ammonisce l'anno e l'ora che rapisce l'almo giorno. |
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Frigora mitescunt Zephyris, uer proterit aestas, interitura simul, |
10 |
I freddi diventano miti per gli Zefiri, la primavera (la) ha/avrà consumata l'estate, che morirà insieme, |
pomifer autumnus fruges effuderit, et mox bruma recurrit iners. |
l'autunno portatore di pomi ha/avrà effuso i frutti, e subito la bruma ricorre inerte. |
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Damna tamen celeres reparant caelestia lunae: nos ubi decidimus |
I danni celesti tuttavia le celeri lune riparano: noi, quando cadiamo/siamo caduti |
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quo pater Aeneas, quo diues Tullus et Ancus, puluis et umbra sumus. |
15 | dove (è caduto) il padre Enea, dove il ricco Tullo ed Anco, polvere e ombra siamo. |
Quis scit an adiciant hodiernae crastina summae tempora di superi? |
Chi sa se aggiungano alla somma odierna tempi di domani gli dei superi? |
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Cuncta manus auidas fugient heredis, amico quae dederis animo. |
20 |
Fuggiranno le mani avide del (tuo) erede tutte le cose, che avrai dato con animo amichevole. |
Cum semel occideris et de te splendida Minos fecerit arbitria, |
Quando una volta sarai caduto e di te Minosse avrà fatto splendidi arbitri, |
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non, Torquate, genus, non te facundia, non te restituet pietas; |
Torquato, non la stirpe, non l'eloquenza, non la pietà ti restituirà; |
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infernis neque enim tenebris Diana pudicum liberat Hippolytum, |
25 | dalle tenebre infernali infatti Diana non libera il pudico Ippolito, |
nec Lethaea ualet Theseus abrumpere caro uincula Pirithoo. |
né Teseo vale a rompere i vincoli del Lete al caro Piritoo. |
Traduzione interpretativa |
1. (qm 2008)
Son fuggite le nevi, già l’erbe tornano ai campi,
agli alberi le fronde;
muta i suoi turni la terra e i fiumi scemanti
se ne vanno fra le rive;
la Grazia con le Ninfe e le sorelle osa
guidare nuda le danze.
A non sperare cose immortali invita l’anno
e l’ora che ruba il giorno generoso.
Il freddo si attenua agli Zefiri, l’estate ha consunto
la primavera, e subito muore,
l’autunno fruttifero ha effuso i raccolti, ed ecco
ripiomba l’immobile bruma.
Eppure le rapide lune rattoppano i danni del cielo:
noi, appena caduti
dov’è il padre Enea, il ricco Tullo e Anco,
polvere ed ombra siamo.
Chi sa se aggiungano altri domani alla somma
degli oggi i celesti?
Alle avide mani d’erede sfuggirà quanto
hai donato con cuore affettuoso.
Quando una volta tu cada e di te Minosse
abbia detto la lucente sentenza,
non il sangue, Torquato, non la parola,
non la bontà ti renderanno la vita;
dalle tenebre inferne non libera Diana
l’incolpevole Ippolito,
né Teseo sa scindere i lacci di Lete
al suo Piritoo, che gli è così caro.
Problemi grammaticali |