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Orazio, "Tu ne quaesieris" (1,11)

Orazio: spatio brevi spem longam reseces

Il carme del 'carpe diem'

 

Q. HORATIUS Flaccus (65-8 a.C.)

Carmina I, 11

Nota metrica. Asclepiadeo maggiore: ,—∪∪,—|—∪∪,—|—∪∪,—∪.

 

Tu ne quaesieris (1) – scire nefas – quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris (1) numeros. Vt melius quicquid erit pati.
Seu pluris hiemes (2) seu tribuit (3) Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum, sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit (4) inuida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

 

Traduzione letterale

Tu non chiedere - sapere (è) nefasto - quale a me, quale a te
fine gli dei abbiano dato, Leucònoe, e non tentare i numeri
babilonesi. Quanto (è) meglio subire qualunque cosa sarà.
O che più inverni
, o che Giove attribuisce/ha attribuito
ultimo (questo) che ora debilita con opposti pomici il mare
Tirreno, sappi/abbi sapore, filtra i vini e nello spazio breve
taglia lunga speranza. Mentre parliamo, è fuggita
invidiosa
la vita: afferra il giorno, il meno possibile credula nel futuro.

 

 Note e problemi grammaticali

(1) quaesi(u)eris, con sincope del suffisso di perfetto. Lo stesso per il seguente tempta(ue)ris, in coordinazione.
(2) Femminile, come si vede dalle seguenti concordanze ultimam e quae. Pluris è accusativo plurale concordato.
(3) Forma anfibologica di presente/perfetto indicativo.
(4) Il perfetto congiuntivo giustifica (molto meglio del futuro anteriore) il valore insieme perfettivo e soggettivo di questo verbo.

  • v. 1 ne quaesieris... nec... temptaris = congiuntivo proibitivo
  • v. 1 quem... dederint = interrogativa indiretta
  • v. 3 quicquid erit = relativo indefinito
  • v. 4 ultimam = predicativo dell’oggetto
  • v. 5 oppositis... pumicibus = ablativo assoluto, o anche semplice ablativo strumentale
  • v. 6 spatio brevi = funzioni dell’ablativo
  • v. 7 dum loquimur = proposizione temporale imperfettiva
  • v. 7 fugerit = congiuntivo perfetto: valore perfettivo e soggettivo
  • v. 8 quam minimum = superlativo rafforzato

 

 Traduzioni interpretative a confronto

1. Domenico Cappellina (1901)

A Leuconoe

Non andar tu cercando, o Leuconoe, qual termine di vita abbiano gli Dei stabilito per me, e per te, richiesta disdetta a mortali: né consultar calcoli praticati già dai Babilonesi: meglio fia a tollerar tutto ciò che sen’avverrà; o che Giove concedati più anni; o che questo, in cui fai tu sì alte moli gittare nel mar di Toscana, per rintuzzar l’impeto delle onde, abbia ad essere per te l’ultimo; se vuoi far da savia, bada a fondere il vino, e sul brieve tratto di mortal vita reggi, e raccorcia le tue speranze: se ne voli pure, mentreché io ti parlo, il tempo invidioso: godi tu del dì presente, né ti attendere quel di domani.

2. P. Bufalini

Non chiederti – non è dato saperlo – quale a me fine e a te
abbian gli Dei assegnata Leuconoe, e non tentare le cabale
di Babilonia. Meglio, qualsiasi cosa accadrà, sopportarla!
Molti inverni ci abbia Giove concessi, o ultimo questo
che ora contro opposte scogliere affatica il mare Tirreno,
filtra, saggia, i vini e per un breve spazio una speranza
lunga recidi. Noi parliamo, e già è fuggita l’invidiosa
età. Afferra l’oggi, meno che puoi credendo nel domani.

3. Italo Lana - Arnaldo Fellin

Tu non indagare – sarebb’empietà saperlo! – qual fine gli dèi abbiano dato, o Leuconoe, a me, quale a te, e non tentare i calcoli babilonii. Quant’è meglio, qualunque cosa sarà, sopportarla! O che Giove più inverni t’attribuisca o che questo inverno, che ora l’onde del mar Tirreno frange sugli opposti scogli corrosi, sia l’ultimo, sii saggia, filtra il vino, e in breve spazio lunga speranza tronca. Mentre parliamo, già trascorre l’invida età: cogli l’oggi, nient’affatto fiduciosa nel domani.

4. Ezio Cetrangolo (1968)

Tu non chiedere (tanto non è dato
sapere) quale a me, quale altra a te
sorte gli dei concedano, Leucònoe;
e i giri delle stelle non tentare.
Meglio sporgersi al buio del domani
quale che sia, anche se molti inverni
ci assegna Giove o sia l’ultimo questo
che su le opposte rocce stanca il mare
Tirreno: appronta i vini, saggia; e accorcia,
poi che lo spazio è breve, il desiderio
lungo. Parliamo, e il tempo invido vola:
godi il presente, e il resto appena credilo.

5. Ennio Mandruzzato (1985)

La giornata

Non domandare tu mai
quando si chiuderà la tua
vita, la mia vita,
non tentare gli oroscopi d’oriente:
male è sapere, Leuconoe.
Meglio accettare quello che verrà,
gli altri inverni che Giove donerà
o se è l’ultimo, questo
che stanca il mare etrusco
e gli scogli di pomice leggera.
Ma sii saggia: e filtra vino,
e recidi la speranza
lontana, perché breve è il nostro
cammino, e ora, mentre
si parla, il tempo
è già in fuga, come se ci odiasse!
così cogli
la giornata, non credere al domani.

6. Mario Ramous (1988)

A Leucònoe

Non chiedere anche tu agli dei
il mio e il tuo destino, Leucònoe:
non è lecito saperlo,
come indagare un senso
fra gli astri di Caldea.
Credimi, è meglio rassegnarsi,
se Giove ci concede molti inverni
o l’ultimo sia questo
che ora infrange le onde del Tirreno
contro l’argine delle scogliere.
Pensaci: bevi un po’ di vino
e per il breve arco della vita
tronca ogni lunga speranza.
Mentre parliamo, con astio
il tempo se n’è già fuggito.
Goditi il presente
e non credere al futuro.

7. Luca Canali (1991)

Non chiedere, o Leucònoe (è illegittimo saperlo), qual fine
abbiano a te e a me assegnato gli dèi,
e non scrutare gli oroscopi babilonesi. Quant’è meglio accettare
quel che sarà! Ti abbia assegnato Giove molti inverni,
oppure ultimo quello che ora affatica il mare Tirreno
contro gli scogli, sii saggia, filtra vini, tronca
lunghe speranze per la vita breve. Parliamo, e intanto fugge l’astioso
tempo. Afferra l’oggi, credi al domani quanto meno puoi.

8. Alfonso Traina (1993)

Tu non cercare, saperlo è peccato, qual fine a me, quale a te
gli dei han destinato, Leucònoe, e non tentare gli oroscopi
babilonesi. Come meglio, tutto ciò che sarà, sopportarlo!
Siano molti gli inverni assegnati da Giove, o sia l’ultimo questo
che ora strema il mare Tirreno su scogliere corrose,
sii saggia, filtra i vini, e dallo spazio tuo breve
recidi la lunga speranza. Mentre parliamo, sarà fuggito
maligno il tempo. Cogli ogni giorno che viene,
senza farti illusioni sul domani.

9. qm (1996)

Non indagare, tu – disumano sapere – per me, per te
che senso han dato gli dei, Bianca nel cuore, e non divinare
i tarocchi di Babele. Meglio prenderla come sarà!
Siano più d’uno gli inverni del destino di Zeus, o ultimo
sia questo, che oggi corrode di faticosi scogli il mare
Tirreno, sappi di qualcosa, versa vino e con la forbice breve del tempo
taglia lunga speranza. Mentre stiamo a chiacchierare – svegliati! – è fuggita
quella strega della vita: riscuoti il tuo oggi e no, non far più credito al poi.

10. qm (1998)

Non investigare, tu – disumano sapere – per me, per te
che senso han dato gli dei, Bianca nel cuore, e non violare
i tarocchi di Babele. Meglio prendere quel che sarà.
Siano più d’uno gli inverni del fato di Zeus, o ultimo
questo, che spossa qui di faticosi scogli il mare
Tirreno, sappi, bevi, e con la forbice breve del tempo
taglia lunga illusione. Mentre stiamo qui a dire – vedi – è fuggita
quella strega della vita: tienti stretto il tuo oggi, e non far più credito al dopo.

 

 Per approfondire

• L. Grimoldi (ed), “Carpe diem” di Orazio: traduzione, metrica e commento, da Oilproject