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Monti, “Sopra se stesso”

Monti: ecco il bel frutto del tuo cercar le dotte carte

Residui di illuminismo in età romantica

 

Vincenzo Monti (1754-1828)
da Odi e canzoni
(1822)

 

Una constatazione quasi banale, come l’abbassamento della vista attribuito al troppo tempo passato nello studio («frutto del tuo cercar le dotte carte»), suggerisce nella prima quartina un pensiero vile di pentimento. Ma subito la risposta nella seconda quartina pone l’antitesi tra la vista fisica che cala e la vista intellettiva che invece, proprio grazie allo studio, si è fatta più viva e brillante, consentendo di dominare ben più di ciò che abbraccerebbe la pura vista fisica, anche se fosse perfetta. Da qui deriva una considerazione amara sulla umana follia, da cui il colto poeta può prendere le giuste distanze, osservando con un sorriso (di compatimento?) l’arrabattarsi degli altri nella vita dall’orlo dell’abisso della morte.

Nota metrica. Sonetto, rime ABBA ABBA CDC EDE.

 

               SOPRA SE STESSO
 

    Vile (1) un pensier mi dice: Ecco il bel frutto
Del tuo cercar le dotte carte: ir privo
Sì della luce (2), che il valor visivo
Già piega l’ale alla sua sera addutto (3).

    Se l’acume, io rispondo, è già distrutto
Della veduta corporal (4), piú vivo
Dentro mi brilla l’occhio intellettivo (5)
Che terra e cielo abbraccia, e suo fa il tutto (6).

    Cosí mi spazio dal furor sicuro (7)
Delle umane follie, cosí governo
Il mondo a senno mio re del futuro (8).

    Poi sull’abisso dell’oblio m’assido (9):
E al solversi che fa nel nulla eterno
Tutto il fasto mortal, guardo (10) e sorrido.

1 Predicativo del soggetto.
2 “andare privo della luce”, perdere la vista.
3 “la capacità della vista già vola basso condotta verso la sua sera”, si abbassa per la vecchiaia.
4 “se l’acutezza della vista fisica è già annullata”.

5 “l’intelligenza interiore è più viva e brillante”.
6 “fa diventare sue tutte le cose”.
7 “prendo le distanze dalla pazzia certa”. Ma forse sicuro potrebbe essere predicativo del soggetto: “io... sicuro”.

8 Nell’interno della mente il mondo dipende da me, io sono il re della mia vita futura.
9 “mi siedo sull’orlo della dimenticanza”, davanti alla morte, dove si dimentica tutto.

10 “guardo il dissolversi che la gloria umana fa nel nulla eterno”.

 

 Strutture e connotazioni

Significante. La struttura del sonetto è abbastanza chiara, articolando la sintassi secondo le sezioni della forma metrica. Da rilevare la presenza di frequenti inversioni d’ordine sintattico (anastrofi).

Significato. Il dato più evidente è l’elaborata cura per i contrasti (antitesi): la banalità della considerazione iniziale, espressa però in linguaggio aulico, si oppone all’illuministico orgoglio per la superiorità intellettuale; l’insensata pazzia del mondo, al dominio equilibrato del proprio io; la considerazione della morte, al disprezzo per l’effimera gloria. Notevoli sono, nella seconda terzina, le espressioni “abisso dell’oblio” e “nulla eterno”, in un linguaggio più tipico della poesia romantica che di quella neoclassica, che è nelle corde dell’autore.