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Foscolo, “A Zacinto”

Foscolo: il figlio del mito alla terra madre

Il tema mitologico riletto in chiave romantica

 

Ugo Foscolo (1778-1827)
dai Sonetti, ix (1802-3)

 

Nota metrica: sonetto, rime ABAB ABAB CDE CED.

 

                    A ZACINTO

 

   Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

   Venere, e fea (1) quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque (2)
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso (3) di colui che l’acque

   cantò fatali (4), ed il diverso esiglio (5)
per cui bello di fama e di sventura (6)
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

   Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura (7).

1 “faceva”, rendeva feconde.
2 “per cui non poté tacere”, non si trattenne dal cantare.
3 “il celebre verso”, metonimia per la poesia. È soggetto.
4 “cantò le acque predestinate”: allude evidentemente a Omero, autore dell’Odissea.
5 “girovagare in varie direzioni” (diverso è latinismo).
6 “attraverso il quale, bello per la fama e la sventura”: endiade.
7 “a me il destino ha prescritto una tomba senza pianto”, ossia senza nessuno che mi pianga.