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Foscolo, “In morte del fratello Giovanni”

Foscolo: una Pietà di Michelangelo laica

Alla memoria del fratello suicida

 

Ugo Foscolo (1778-1827),
dai Sonetti, x (1803)

 

È questo uno dei più celebri sonetti di Foscolo, composto a seguito della morte del fratello minore Giovanni Dionigi, suicidatosi a vent’anni, forse col veleno, l’8 dicembre 1801.

Nel sonetto (ispirato al carme CI di Catullo) sono presenti diversi dei tipici temi foscoliani: il profondo senso di Unheimlichkeit (spaesamento, esilio, senso di smisurata lontananza dalla casa-patria e di inimmaginabile ritorno); la figura della madre, che implicitamente si confonde con quella della terra-madre; il desiderio del suicidio, coltivato ma senza il coraggio di compierlo.

Non si può non leggere questo testo in parallelo con “A Zacinto”, dove riecheggiano, inquadrati in un contesto neoclassico, tutti gli stessi motivi che qui sono affrontati con un atteggiamento melanconicamente romantico.

Nota metrica. Sonetto, rime ABAB ABAB CDC CDC.

 

 IN MORTE DEL FRATELLO GIOVANNI

 

   Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra (1), o fratel mio, gemendo (2)
il fior de’ tuoi gentili anni caduto.

   La Madre or sol (3) suo dì tardo traendo (4)
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse (5) a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto (6).

   Sento gli avversi numi (7), e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch’io nel tuo porto quïete (8).

   Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.

1 “tomba”, metonimia.
2 “piangendo”.
3 “ora solo la madre”: solo lei, non io.
4 “trascinando la sua età avanzata”: la madre di Foscolo aveva all’epoca 56 anni.
5 “senza speranza”, predicativo dell’oggetto.
6 “solo da lontano saluto la mia casa”, di Venezia.
7 “il destino contrario”.
8 Anch’io desidero una fine come la tua, per suicidio.

 

 Strutture e connotazioni

Significante. La forma di questo sonetto è molto ordinata e regolare: ognuna delle quattro sezioni si conclude col punto fermo assieme alla sintassi (le quartine e la prima terzina sono formate da singole frasi; la seconda terzina di due). Si noteranno le rime morfologiche fuggendo-gemendo-traendo (gerundi) e seduto-caduto (participi). Una forma di sottile fonosimbolismo è forse da individuare nel ritmo spezzato del v. 5, tutto intessuto di monosillabi, allusivo all’incedere stentato della vecchia madre (quasi come se scolpisse le parole nel marmo).

Significato. L’incipit è caratteristico per il consueto senso di incertezza dato dalla frase condizionale negativa (s’io non andrò...), dal verbo fuggendo, e ancor più dal fatto di rimandare il vocativo, e quindi l’identificazione del tu destinatario, a metà del v. 3. Peraltro il testo è tutto giocato sulla relazione fra l’io che parla, il tu del fratello e il lei della madre (non sfugge l’insistente presenza dei pronomi personali e possessivi quasi in ogni verso). Il linguaggio e le scelte metaforiche rimandano in più d’un caso alla lirica petrarchesca (specialmente la vita tormentata come tempesta e la morte, magari per suicidio, come porto riposato). L’immagine improvvisa del poeta che tende invano le mani verso la madre e il fratello, e verso la sua casa, tutti gli affetti per lui ormai irraggiungibili, richiama le visioni da sogno o da incubo, scaturite senza soluzione di continuità dal testo argomentativo, in molti passi dei Sepolcri.

 Per approfondire

Ugo Foscolo, da una lettera a V. Monti,
prima metà del dicembre 1801

[...] E la mia anima è ancora più inferma. La morte dell'infelicissimo mio fratello ha esulcerato tutte le mie piaghe: tanto più ch'ei morì di una malinconia lenta, ostinata, che non lo lasciò né mangiare né parlare per quarantasei giorni. Io mi figuro i martirj di quel giovinetto, e lo stato doloroso della nostra povera madre fra le di cui braccia spirò. Ma io temo che egli stanco della vita siesi avvelenato, e mia sorella mi conferma in quest’opinione. La morte sola finalmente poté decidere la battaglia che le sue grandi virtù, e i suoi grandi vizj manteneano da gran tempo in quel cuore di fuoco. Addio.

• cfr. anche Catullo, carme 101.