Top menu

2010_steppa_w.jpg2009_sottobosco_w.jpg2008_acquitrino_w.jpg2011_paes-invernale-2_w.jpg2011_settembre_w.jpg2009_tramonto_w.jpg2008_controlucemn_w.jpg2009_tramonto2_w.jpg2012_squarcio-di-luce_w.jpg2011_marina_w.jpg2009_stagno_w.jpg2009_sorgere_w.jpg2008_oltreorizzonte_w.jpg2012_campo-papaveri_w.jpg2007_grandepino_w.jpg2011_forza-del-vento_w.jpg2012_nebbia-su-mantova_w.jpg2012_tre-alberi_w.jpg2009_toscanasera_w.jpg2011_paes-invernale-1_w.jpg2009_mantovainrosso_w.jpg2009_incendio_w.jpg2011_schiumadonda_w.jpg2011_cespuglio_w.jpg2010_temporale_w.jpg

Manzoni, "S’ode a destra"

Manzoni: i fratelli hanno ucciso i fratelli

Coro per la battaglia di Maclodio

 

Alessandro Manzoni (1785-1873)
da Il Conte di Carmagnola, atto ii scena vi (1821)

 

Nota metrica. Ottave di decasillabi anapestici; rime ABAC BDDC, con C tronca.

 

 

CORO

 





5

1.  S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d’ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l’aria un vessillo;
quindi un altro s’avanza spiegato:
ecco appare un drappello schierato;
ecco un altro che incontro gli vien.
 


10




15

2.  Già di mezzo sparito è il terreno;
già le spade rispingon le spade;
l’un dell’altro le immerge nel seno;
gronda il sangue; raddoppia il ferir.
– Chi son essi? Alle belle contrade
qual ne venne straniero a far guerra?
Qual è quei che ha giurato la terra
dove nacque far salva, o morir?
 



20
3.  – D’una terra son tutti: un linguaggio
parlan tutti: fratelli li dice
lo straniero: il comune lignaggio
a ognun d’essi dal volto traspar.
Questa terra fu a tutti nudrice,
questa terra di sangue ora intrisa,
che natura dall’altre ha divisa,
e ricinta con l’alpe e col mar.
 
25




30
4.  – Ahi! Qual d’essi il sacrilego brando
trasse il primo il fratello a ferire?
Oh terror! Del conflitto esecrando
la cagione esecranda qual è?
– Non la sanno: a dar morte, a morire
qui senz’ira ognun d’essi è venuto;
e venduto ad un duce venduto,
con lui pugna, e non chiede il perché.
 


35




40
5.  – Ahi sventura! Ma spose non hanno,
non han madri gli stolti guerrieri?
Perché tutte i lor cari non vanno
dall’ignobile campo a strappar?
E i vegliardi che ai casti pensieri
della tomba già schiudon la mente,
ché non tentan la turba furente
con prudenti parole placar?
 




45
6.  – Come assiso talvolta il villano
sulla porta del cheto abituro,
segna il nembo che scende lontano
sopra i campi che arati ei non ha;
così udresti ciascun che sicuro
vede lungi le armate coorti,
raccontar le migliaia de’ morti,
e la pieta dell’arse città.
 

50




55
7.  Là, pendenti dal labbro materno
vedi i figli che imparano intenti
a distinguer con nomi di scherno
quei che andranno ad uccidere un dì;
qui le donne alle veglie lucenti
de’ monili far pompa e de’ cinti,
che alle donne diserte de’ vinti
il marito o l’amante rapì.
 



60
8.  – Ahi sventura! sventura! sventura!
Già la terra è coperta d’uccisi;
tutta è sangue la vasta pianura;
cresce il grido, raddoppia il furor.
Ma negli ordini manchi e divisi
mal si regge, già cede una schiera;
già nel volgo che vincer dispera,
della vita rinasce l’amor.
 
65




70
9.  Come il grano lanciato dal pieno
ventilabro nell’aria si spande;
tale intorno per l’ampio terreno
si sparpagliano i vinti guerrier.
Ma improvvise terribili bande
ai fuggenti s’affaccian sul calle;
ma si senton più presso alle spalle
anelare il temuto destrier.
 



75




80

10.  Cadon trepidi a pié de’ nemici,
gettan l’arme, si danno prigioni:
il clamor delle turbe vittrici
copre i lai del tapino che mor.
Un corriero è salito in arcioni;
prende un foglio, il ripone, s’avvia,
sferza, sprona, divora la via;
ogni villa si desta al rumor.
 




85
11.  Perché tutti sul pesto cammino
dalle case, dai campi accorrete?
Ognun chiede con ansia al vicino,
che gioconda novella recò?
Donde ei venga, infelici, il sapete,
e sperate che gioia favelli?
I fratelli hanno ucciso i fratelli:
questa orrenda novella vi do.
 

90




95
12.  Odo intorno festevoli gridi;
s’orna il tempio, e risona del canto;
già s’innalzan dai cori omicidi
grazie ed inni che abbomina il ciel.
Giù dal cerchio dell’alpi frattanto
lo straniero gli sguardi rivolve;
vede i forti che mordon la polve,
e li conta con gioia crudel.
 



100
13.  Affrettatevi, empite le schiere,
sospendete i trionfi ed i giochi,
ritornate alle vostre bandiere:
lo straniero discende; egli è qui.
Vincitor! Siete deboli e pochi?
Ma per questo a sfidarvi ei discende;
e voglioso a quei campi v’attende
dove il vostro fratello perì.
 
105




110
14.  Tu che angusta a’ tuoi figli parevi,
tu che in pace nutrirli non sai,
fatal terra, gli estrani ricevi:
tal giudizio comincia per te.
Un nemico che offeso non hai,
a tue mense insultando s’asside;
degli stolti le spoglie divide;
toglie il brando di mano a’ tuoi re.
 



115




120
15.  Stolto anch’esso! Beata fu mai
gente alcuna per sangue ed oltraggio?
Solo al vinto non toccano i guai;
torna in pianto dell’empio il gioir.
Ben talor nel superbo viaggio
non l’abbatte l’eterna vendetta;
ma lo segna; ma veglia ed aspetta;
ma lo coglie all’estremo sospir.
 




125
16.  Tutti fatti a sembianza d’un Solo,
figli tutti d’un solo Riscatto,
in qual ora, in qual parte del suolo,
trascorriamo quest’aura vital,
siam fratelli; siam stretti ad un patto:
maledetto colui che l’infrange,
che s’innalza sul fiacco che piange,
che contrista uno spirto immortal!
 

 

 Per approfondire

Introduzione alla tragedia, videolezione da Oilproject.org
Introduzione alla tragedia, scheda da Wikipedia
Parafrasi del coro, scheda da Parafrasando.it
• Interpretazione del coro, dal film Il Conte di Carmagnola di U. Gregoretti (1980)