I° CANTORE. |
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1. Trista è la notte, tenebrìa s’aduna, Tingesi il cielo di color di morte: Qui non si vede nè stella, nè luna, Che metta il capo fuor dalle sue porte. Torbido è ‘l lago, e minaccia fortuna, Odo il vento nel bosco a ruggir forte. Giù dalla balza va scorrendo il rio Con roco lamentevol mormorìo.
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2. Su quell’alber colà, sopra quel tufo, Che copre quella pietra sepolcrale, Il lungo-urlante ed inamabil gufo L’aer funesta col canto ferale. Ve’ ve’: Fosca forma la piaggia adombra: Quella è un’ombra: Striscia, sibila, vola via. Per questa via Tosto passar dovrà persona morta: Quella meteora de’ suoi passi è scorta.
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3. Il can dalla capanna ulula e freme, Il cervo geme - sul musco del monte, L’arborea fronte - il vento gli percote; Spesso ei si scuote - e si ricorca spesso. Entro d’un fesso - il cavriol s’acquatta, Tra l’ale appiatta - il francolin la testa. Teme tempesta - ogni uccello, ogni belva; Ciascun s’inselva - e sbucar non ardisce; Solo stridisce - entro una nube ascoso Gufo odioso; E la volpe colà da quella pianta Brulla di fronde Con orrid’urli a’ suoi strilli risponde.
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4. Palpitante, ansante, tremante Il peregrin Va per sterpi, per bronchi, per spine, Per rovine, Chè ha smarrito il suo cammin. Palude di qua, Dirupi di là, Teme i sassi, teme le grotte, Teme l’ombre della notte; Lungo il ruscello incespicando, Brancolando Ei strascina l’incerto suo piè.
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5. Fiaccasi or questa or quella pianta, Il sasso rotola, il ramo si schianta L’aride lappole strascica il vento. Ecco un’ombra, la veggo, la sento; Trema di tutto, nè so di che.
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6. Notte pregna di nembi e di venti, Notte gravida d’urli e spaventi! L’ombre mi volano a fronte e a tergo: Aprimi, amico, il tuo notturno albergo.
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II° CANTORE.
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7. Sbuffa ‘l vento, la pioggia precipitasi, Atri spirti già strillano ed ululano, Svelti i boschi dall’alto si rotolano, Le fenestre pei colpi si stritolano. Rugghia il fiume che torbido ingrossa: Vuol varcarlo e non ha possa L’affannato viator. Udiste quello strido lamentevole? Egli è travolto, ei muor.
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8. La ventosa orrenda procella Schianta i boschi, i sassi sfracella: Già l’acqua straripa, Si sfascia la ripa, Tutto in un fascio la capra belante, La vacca mugghiante, La mansueta e la vorace fera Porta la rapidissima bufera.
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9. Nella capanna il cacciator si desta, Solleva la testa, Stordito, avviva il foco spento: intorno Fumanti Stillanti Stangli i suoi veltri: egli discope i spessi Fessi riempie, e con terrore ascolta Due gonfi rivi minacciar vicina Alla capanna sua strage e rovina.
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10. Là sul fianco di ripida rupe Sta tremante l’errante pastor. Una pianta sul capo risuona, E l’orecchio gli assorda e rintrona Il torrente col roco fragor. Egli attende la Luna, La Luna che risorga, E alla capanna co’ suoi rai lo scorga.
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11. In tal notte atra e funesta Sopra il turbo e la tempesta, Sopra neri nugoloni Vanno l’ombre a cavalcioni. Pur è giocondo Il lor canto sul vento: Che d’altro mondo Vien quel novo concento.
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12. Ma già cessa la pioggia: odi che soffia L’asciutto vento, l’onde Si diguazzano ancora, ancor le porte Sbattono: a mille a mille Cadon gelate stille Da quel tetto e da questo. Oh! oh! pur veggo Stellato il cielo: ah che di nuovo intorno Si raccoglie la pioggia; ah che di nuovo L’occidente s’abbuja. Tetra e’ la notte e buja L’aer di nembi è pregno: Ricevetemi, amici, a voi ne vegno.
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III° CANTORE.
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13. Pur il vento imperversa, e pur ei strepita Tra l’erbe della rupe: abeti svolvonsi Dalle radici, e la capanna schiantasi. Volan per l’aria le spezzate nuvole, Le rosse stelle ad or ad or traspaiono, Nunzia di morte l’orrida meteora Fende co’ raggi l’addensate tenebre. Ecco posa sul monte: io veggo l’ispida Vetta del giogo dirupato, e l’arida Felce ravviso e l’atterrata quercia.
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14. Ma chi è quel colà sotto quell’albero, Prosteso in riva al lago Colle vesti di morte? L’onda si sbatte forte Sulla scogliosa ripa, è d’acqua carca La piccioletta barca: Vanno e vengono i remi Trasportati dall’onda Ch’erra di scoglio in scoglio: oh! su quel sasso Non siede una donzella? Che fia? l’onda rotante Rimira, Sospira, Misero l’amor suo! misero amante! Ei di venir promise, Ella adocchiò la barca, Mentre il lago era chiaro: oh me dolente! Oimè questo è ‘l suo legno! Oimè questi i suoi remi! Questi sul vento i suoi sospiri estremi!
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15. Ma già s’appresta Nuova tempesta, Neve in ciocca Fiocca, fiocca, Biancheggiano dei monti e cime e fianchi; Sono i venti già stanchi, Ma punge l’aria, ed è rigido il cielo: Accoglietemi amici, io son di gelo.
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IV° CANTORE.
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16. Vedi notte, serena, lucente, Pura, azzurra, stellata, ridente; I venti fuggiro, Le nubi svaniro, Si fan gli arboscelli Più verdi e più belli; Gorgogliano i rivi Più freschi, e più vivi; Scintilla alla Luna La tersa laguna.
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17. Vedi notte, serena, lucente, Pura, azzurra, stellata, ridente. Veggo le piante rovesciate, veggo I covoni che il vento aggira e scioglie, Ed il cultor che intento Si curva e li raccoglie.
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18. Chi vien dalle porte(1) Oscure di morte, Con piè pellegrin? Chi vien così leve Con vesta di neve, Con candide braccia, Vermiglia la faccia, Brunetta il bel crin?
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(1) - Il cantore vedendo una nuvola variamente colorata, che in qualche guisa raffigurava una donna, crede o finge di credere, secondo l’opinion di que’ tempi che questa sia la figlia del suo signore. |
19. Questa è la figlia del signor sì bella, Che pocanzi cadéo nel suo bel fiore. Deh t’accosta, t’accosta, o verginella, Lasciati vagheggiar, viso d’amore. Ma già si move il vento, e la dilegua; E vano è che cogli occhi altri la segua.
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20. I venticelli spingono Per la valle ristretta La vaga nuvoletta: Ella poggiando va; Finchè ricopre il cielo D’un candidetto velo, Che più leggiadro il fa.
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21. Vedi notte, serena, lucente, Pura, azzurra, stellata, ridente. Bella, notte, più gaja del giorno: Addio, statevi amici, io non ritorno.
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V° CANTORE.
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22. La notte è cheta, ma spira spavento, La Luna è mezzo tra le nubi ascosa: Movesi il raggio pallido e va lento, S’ode da lungi l’onda romorosa. Mezza notte varcò, che ‘l gallo io sento: La buona moglie s’alza frettolosa, E brancolando pel bujo s’apprende Alla parete, e ‘l suo foco raccende.
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23. Il cacciator che già crede il mattino, Chiama i suoi fidi cani, e più non bada; Poggia sul colle, e fischia per cammino: Colpo di vento la nube dirada; Ei lo stellato aratro a sè vicino Vede che fende la cerulea strada: Oh, dice, egli è per tempo, ancora annotta E s’addormenta sull’erbosa grotta.
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24. Odi, odi! Corre pel bosco il turbine, E nella valle mormora Un suon lugubre e stridulo; Quest’è la formidabile Armata degli spiriti, Che tornano dall’aria.
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25. Dietro il monte si cela la Luna Mezzo pallida e mezzo bruna: Scappa un raggio, e luccica ancora, E un po’ po’ le vette colora: Lunga dagli alberi scende l’ombra, Tutto abbuja, tutto s’adombra: Tutto è orrido, e pien di morte: Amico, ah non tardar, schiudi le porte.
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IL SIGNORE.
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26. Sia pur tetra la notte, ululi e strida Per pioggia o per procella, Senza luna, nè stella; Volino l’ombre, e ‘l peregrin ne tremi; Imperversino i venti, Rovinino i torrenti, errino intorno Verdi-alate meteore; oppur la notte Esca dalle sue grotte Coronata di stelle, e senza velo Rida limpido il cielo, È lo stesso per me: l’ombra sen fugge Dinanzi al vivo mattutino raggio, Quando sgorga dal monte, E fuor dalle sue nubi Riede giojoso il giovinetto giorno: Sol l’uom, come passò, non fa ritorno.
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27. Ove son ora, o vati, I duci antichi? ove i famosi regi? Già della gloria lor passaro i lampi. Sconosciuti, obliati Giaccion coi nomi lor, coi fatti egregi, E muti son delle lor pugne i campi. Rado avvien ch’orma stampi Il cacciator sulle muscose tombe, Mal noti avanzi dagli eccelsi eroi. Sì passerem pur noi; profondo oblio C’involverà: cadrà prostesa alfine Questa magion superba, E i figli nostri tra l’arena e l’erba Più non ravviseran le sue rovine. E domandando andranno A quei d’etade e di saper più gravi: Dove sorgean le mura alte degli avi?
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28. Sciolgansi i cantici, L’arpa ritocchisi, Le conche girino; Alto sospendansi Ben cento fiaccole; Donzelle e giovani La danza intreccino Al lieto suon.
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29. Cantore accostisi, Il qual raccontimi Le imprese celebri Dei re magnanimi, Dei duci nobili, Che più non son.
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30. Così passi la notte, Finchè il mattin le nostre sale irraggi. Allor sien pronti i destri Giovani della caccia, e i cani, e gli archi. Noi salirem sul colle, e per le selve Andrem col corno a risvegliar le belve.
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