Cavalcanti: le triste penne isbigotite
Gli strumenti parlano invece del poeta
Guido CAVALCANTI (c.1255-1300)
dalle Rime, 18
A parlare sono gli oggetti connessi con l’attività dello scrivere: si rivolgono a chi ha letto le parole da loro in precedenza vergate (persone sensibili alla poesia o forse la donna amata). L’impossibilità che l’amore si traduca in conoscenza è rappresentata attraverso la separazione degli strumenti dalla mano del poeta e quindi dall’impossibilità stessa della scrittura.
Nota metrica. Sonetto, rime ABBA ABBA CDE DCE. Le rime A B e D terminano tutte in -te; la rima C è siciliana: -ui/-oi.
Noi siàn (1) le triste penne isbigotite (2), [a] Or vi diciàn perché noi siàn partite le quali hanno destrutto sì costui Or vi preghiàn quanto possiàn più forte (8) [b] |
1 “siamo” (desinenza fiorentina, come i seguenti diciàn, preghiàn, possiàn). |
Sintesi del contenuto |
• Le penne, le forbici e il coltellino, parlando in prima persona, ricordano le parole di dolore che hanno scritto.
• Attraverso la mano che di loro si serviva, sono venute a conoscenza di un dramma consumatosi nel cuore del poeta.
• Non resta loro che cercare pietoso conforto nelle persone gentili.
Guida alla lettura |
[a] Cavalcanti mette in scena un dramma: stavolta però i personaggi in primo piano non sono le parti dell’animo o del corpo, relegate sullo sfondo, ma gli strumenti stessi della scrittura, rimasti orfani di chi solitamente li usava. La mano fugge dal cuore; le penne abbandonano la mano; del poeta, reso inerte, non rimangono più parole o pensieri, ma solo sospiri. E solo gli oggetti possono parlare (prosopopea). La perdita di ogni forza vitale e del controllo di sé, l’impossibile approdo alla conoscenza e le lacerazioni connesse con l’amore, sono concetti che trovano veste linguistica nell’intreccio delle metonimie. Le penne, ad esempio, rimandano all’attività del pensiero e della parola. La separazione tra gli strumenti e la mano rinvia a un insieme lacerato, che ha perso il controllo su di sé. È come se l’identità del poeta si fosse frammentata in singole parti, private di ogni capacità di interazione.
[b] L’inizio della seconda quartina corrisponde a quello della seconda terzina (Or vi diciàn… Or vi preghiàn…): gli oggetti prima descrivono la situazione miserevole poi si offrono quale pegno di pietà.
[c] Il sonetto esemplifica chiaramente l’incontro fra chiarezza delle immagini e profondità dell’assunto intellettuale. La rappresentazione, infatti, mostra gli oggetti della scrittura e spiega la condizione psicologica dello sbigottimento.
(a cura di Luigi Tonoli, 2008)