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affetti

In musica originariamente gli affetti rappresentano, nelle composizioni monodiche e polifoniche tra ‘500 e ‘600, le piccole inflessioni o coloriture melodiche in funzione espressiva: derivano dalla convinzione di una corrispondenza ideale tra i sentimenti esposti nel testo poetico e il rivestimento musicale di esso, e sono rese secondo un complicato formulario di figure e stereotipi musicali, secondo un preciso codice retorico ricalcato sui trattati dell’oratoria classica (►madrigalismi).

Gli affetti accrescono poi la loro importanza nel melodramma del ‘600 e ‘700 come elementi di caratterizzazione delle arie (aria), intese a rappresentare ciascuna una specifica passione (arie di collera, di dolore, di gioia, di odio, di amore, di contemplazione naturale, patetiche, ecc.), nel senso di momentanea alterazione patologica dello stato d’animo del personaggio.

Concepiti come emozioni razionalizzate, gli affetti furono trasposti anche nella musica strumentale del periodo, con l’intento di guidare e controllare musicalmente le reazioni emotive degli ascoltatori di fronte alla pura forma autoreferenziale della musica priva di testo. Nella seconda metà del ‘700, pur nella sostanziale continuità formale delle figure, la rappresentazione degli affetti assunse connotazioni morali e si spostò dalla descrizione delle singole emozioni, a delineare il carattere complessivo di un personaggio.

 


Per approfondire

• aria di sdegno = Georg Philipp Telemann, “Su mio core alla vendetta”, dall’Orpheus