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epigramma

Si definisce epigràmma una breve composizione lirica di vario tema, ma preferibilmente satirico e pungente; costruita spesso in modo da prendere l’argomento alla larga, e concludere nell’ultimo verso con una battuta di spirito o un gioco di parole, che punta all’inversione dell’impressione di partenza, creando lo straniamento in cui consiste l’ironia.

Di origine affine all’►elegia, l’epigramma era in origine un’iscrizione funeraria o commemorativa; in età ellenistica, e poi imperiale e bizantina, diviene componimento poetico sempre assai breve, di tema vario: amoroso, sentimentale, gnomico, parenetico, politico, conservando però sempre il carattere ironico e scherzoso, a volte sarcastico. Fra i latini i più famosi epigrammi sono di Catullo e poi di Marziale, con accentuazione del tono comico e satirico. I metri più frequenti sono il distico elegiaco, l’endecasillabo falecio, il coliambo.

Anche gli umanisti e i moderni imitarono gli antichi epigrammisti: nel ‘400, con quartine di endecasillabi ABBA (Poliziano, Sannazaro); nel ‘500 con coppie di endecasillabi a rima baciata o senza rima; e poi i barocchi su temi e toni arguti e d’effetto; col ‘700 entrano non marginalmente le polemiche personali, sociali e politiche (Monti, Foscolo, Alfieri).

Esempi in epoca contemporanea si trovano in Pasolini e Fortini.