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Vera storiella di un falso manzoniano

Anni fa (agosto 2007) un amico - che probabilmente mi conosceva ben poco - credendo di consolarmi non ricordo bene di che cosa, mi mandò un ritaglio di giornale con una lettera dalla forma talmente mielosa e zuccherosa da mettere in ombra il suo peraltro dignitoso contenuto morale.

Ma ciò che veramente mi colpì di quella lettera era che, verso la fine, riportava con molto sussiego un testo, che attribuiva senza alcuna esitazione niente meno che ad Alessandro Manzoni. Ecco il passo incriminato:

L’Avvenire, 18.08.2007, p. 29

«Regala ciò che non hai.
Occupati dei problemi del prossimo,
prenditi a cuore le esigenze di chi ti sta vicino.
Regala agli altri la forza che non possiedi,
la speranza che senti vacillare in te, la fiducia di cui sei privo.
Arricchiscili con la tua povertà.

Regala un sorriso, quando hai voglia di piangere,
produci serenità dalla tempesta che hai dentro.
Ecco, quello che non hai, te lo dono.
Questo è il paradosso.

Ti accorgerai che la gioia a poco a poco
invaderà il tuo essere, diventerà veramente tua,
nella misura in cui l’avrai regalata agli altri.

Signore della tenerezza
Aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà, che dà con amore,
che ascolta senza fatica, che ringrazia con gioia.
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno,
che non si teme di disturbare,
anche negli orari più insoliti.
Fa’ che sia disponibile ed accogliente,
così, senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino.»
[...]

A parte il fatto che non si capisce se tutto il testo è attribuito a Manzoni o solo la prima parte, questa lettura mi fece subito fare un salto sulla sedia.

Sul piano degli elementi interni:
1) pur andando a capo spesso, non sono versi, tanto meno si tratta di versi lirici manzoniani, che di solito hanno un ritmo molto rigido e ossessivo, e sono sempre dotati di rime;
2) può forse trattarsi di una prosa, magari di una lettera, formattata come una poesia in versi liberi per la sua propensione enfatica, ma il linguaggio è tipicamente odierno, e non assomiglia neanche da lontano a quello della prima metà dell'800, o alla prosa manzoniana;
3) l'evidente improponibilità di molte espressioni (a cominciare dall'incipit "regala ciò che non hai", che rasenta l'idiozia) pare davvero incoerente con l'immagine letteraria del Manzoni che conosciamo.

I caratteri interni, però, potrebbero non essere alla portata di molti studenti, perché sono individuabili solo a chi ha una certa dimestichezza con l'autore e i suoi scritti. Al contrario, gli elementi esterni sono a disposizione di tutti, poiché rinviano alle poche semplici regole di un metodo facile da apprendere e da applicare. In questo senso, le informazioni imprescindibili da cercare sono

  • il testo c'è nelle raccolte delle opere dell'autore?
  • se no, chi l'ha scoperto e/o studiato?
  • quando e da chi è stato pubblicato?

Perciò ho provato anzitutto a cercare nelle raccolte di poesie e di prose di Manzoni, ma senza risultato. Allora ho copiato e incollato le prime righe in Google, e sono subito apparse molte decine di pagine con questo testo, perlopiù fluttuante fra trionfi di roselline, candeline, stelline, fiorellini, angiolini, con frasi aggiunte o divisioni diverse delle righe; ma un solo dato le accomunava tutte: mai neppure la minima indicazione di origine, destinazione, pubblicazione o analisi critica del testo.

È ovvio che, senza le prove filologiche di cui sopra, solo degli ignoranti e sprovveduti (e sono incredibilmente tanti nella rete!) possono accettare acriticamente l'attribuzione manzoniana.

Provate anche voi: forse sarete più fortunati di me e riuscirete a provare senza ombra di dubbio che questa sbrodolata dolciastra è effettivamente opera di "don Lisander" in persona (magari durante una crisi mistica della vecchiaia...). Se alla ricerca aggiungete un anno, forse riuscirete a individuarne le prime citazioni in rete (io non sono risalito oltre il 1999).