Errori asemantici

Categoria: a.s. 2012-13
Ultima modifica il Domenica, 22 Settembre 2013 15:46
Pubblicato Giovedì, 04 Aprile 2013 17:13
Scritto da quomodo
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5ªAB - Italiano

Alcuni errori comuni, o comunque diffusi nei vostri ultimi temini:

• il riferimento alla lezione-concerto di Alberti, quando l'avete fatto, è sempre incompleto nell'inquadramento del contesto spazio-temporale: dovete pensare che, se fosse il tema d'esame, non è detto che chi corregge conosca per benino tutti i dettagli, quindi vanno segnalate tutte (e sole) le informazioni per capire di cosa si sta parlando (chi, dove, come, quando, perché).

es.: "Nella lezione-concerto tenuta dal maestro D. Alberti nella nostra scuola il 22 marzo scorso, sulla Sonata in si minore di F. Liszt e la sua relazione col celebre mito di Faust e Mefisto..."

• noto che avete la propensione per espressioni perentorie: tutto, ogni, mondiale, assolutamente, completamente, fin dall'alba dei tempi... Direi che è molto pericoloso sbilanciarsi, specie se non si è più che esperti della questione che si sta trattando, e quindi non si è davvero sicuri di quel che si dice; del resto, anche quando foste informatissimi sul tema, non è mai bella l'impressione di spocchia che dà la presenza di parole epidittiche e assolutizzanti: fa sembrare approssimativi e presuntuosi.

• ho notato altresì una curiosa e generalizzata tendenza a usare "all'interno di" al posto di "in" (con le relative forme articolate): non mi è ben chiaro il perché di un così palese e gratuito insulto al povero Ockham, e tanto più per il fatto che non sempre ciò che è "in" sta "all'interno" di ciò "in" cui si trova.

• la vera grande confusione, poi, me l'avete fatta sul valore che ciascuno di voi arbitrariamente attribuisce al concetto di "asemanticità" della musica. Ora, si può dire quel che si vuole - naturalmente -, ma
a) non si può affermare che i suoni, o le loro combinazioni, in quanto possibili significanti, abbiano significati universali e oggettivi: ciò viola il principio "codice = significanti + significati", che in ogni lingua e linguaggio è arbitrario e intersoggettivo, ossia non dipende dalla natura ma dalla scelta umana, che però non è dell'individuo ma della collettività. In questo senso, la musica è un linguaggio come tutti gli altri, che ha i suoi codici di regole arbitrarie e intersoggettive (ritmo, melodia, armonia...).
b) nel senso appena esposto, si può anche pensare di usare la musica come un meta-codice, e quindi attribuire a certe combinazioni di suoni ritmiche, melodiche, armoniche (significanti arbitrari) certi valori semantici (significati altrettanto arbitrari: ad es. ritmo ternario = perfezione; binario = imperfezione; scala ascedente = ascesa; scala discendente = discesa; tetracordo frigio = dolore; dissonanza = pianto; ecc.): ciò è stato fatto (e per certi versi si continua a fare), ma non prova che la musica abbia un intrinseco valore semantico, bensì prova il contrario, ossia che funziona come tutti gli altri linguaggi, combinando significanti e significati arbitrariamente (in modo diverso da epoca ad epoca e da cultura a cultura) e intersoggettivamente (bisogna che conoscano il codice tanto i compositori, quanto gli esecutori e gli ascoltatori, altrimenti non esiste comunicazione musicale). In ogni caso, queste "parole musicali", che funzionano in modo assai simile a quello delle lingue naturali, rispetto ad esse sono limitate dal fatto che le combinazioni nella musica sono molto meno numerose, e si riducono a contrapposizioni bipolari (acuto-grave; forte-piano; lento-veloce; consonante-dissonante...)
c) non potete però dirmi che la musica è asemantica perché non può raccontare o descrivere, mentre la sua vera natura è produrre (o esprimere, ma fa poca differenza) emozioni: in questo modo evidentemente ricadete nella definizione di semanticità (che non sarà narrativa o descrittiva, ma sarebbe comunque espressiva o lirica). Anche qui è tutta da dimostrare la vostra certezza che la stessa musica produca in tutti gli ascoltatori le stesse emozioni; mentre se mi dite - come fa qualcuno - che provoca in ogni ascoltatore un'emozione diversa da quella degli altri, allora state affermando la nullità della musica come linguaggio, visto che ne affermate contemporaneamente sia la naturalità (i suoni musicali corrisponderebbero alle emozioni extramusicali) che la soggettività (ognuno interpreta la musica come gli piace): una vera mostruosità concettuale.
d) non potete però neanche dirmi (con bella incoerenza, quando è la stessa persona che diceva c) che il fatto che la musica provoca emozioni nella maggior parte delle persone dimostra la sua valenza semantica (come non è prova di semanticità il fatto che se ti do una martellata sul dito tu di conseguenza provi delle emozioni): il valore semantico c'è solo quando è esplicitato il triangolo semiotico, ossia quando a un significante (sensoriale e quindi materiale) è arbitrariamente (quindi senza relazione naturale necessaria) associato un significato (concettuale), con la condizione di pensarlo esistente (meta-cognitivo) indipendentemente dalla sua reale esistenza.

Volete fare un giochino sull'argomento? eccovelo:

o e e e e a a a i e e - u e i a o a e i a a i e i - o e a e a o i o e i a i e e - e u i e i e i e i i e e i - e a o e e o o a e e i e e - e e e u e a u i e o e i

Leggete ad alta voce con adeguato trasporto questa sequenza di suoni, e poi ditemi quali significati vi comunicano (narrativi, descrittivi, o anche solo espressivi). Poi magari ne riparliamo (la soluzione nella prossima puntata).

PS. Devo dire che alcune tracce del tema erano evidentemente delle provocazioni al limite dell'assurdo (Presley, Proust, Pervomaiskij, Novalis), che però voi avete preso come oro zecchino e usato come fossero verità inconfutabili: in ogni caso, che siate o no d'accordo con la prospettiva di una traccia, l'unico modo corretto di utilizzarla è sempre quello di 1) riflettere sul suo significato proprio; 2) costruirvi sopra delle argomentazioni critiche (= razionali), che di solito si compongono di una pars destruens e una construens, ciascuna dotata delle opportune ragioni logicamente sostenibili (non basta dire quindi e infatti, per trasformare dei concetti sparsi in una argomentazione logica).