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Temi corretti 3

• chiedo umilmente soccorso per capire una frase che ho appena letto in un tema (dei vostri): «Questo campo è l’informatica, ossia una possibile idea di scienza che costituisce un complesso dei risultati dell’attività speculativa umana volta alla conoscenza di leggi, codici ed effetti»; poi segue un riferimento al «doc. 5» (tipologia B4), e io me lo sono riletto 4/5 volte, ma continuo ahimè a non trovarci una corrispondenza! (in realtà mi sembra che parli della velocità della tecnologia a confronto con la necessaria lentezza della scienza).
Colgo l’occasione per ridare il suggerimento già dato (inutilmente) altre volte: in margine ai documenti delle tracce, riassumete in poche parole il senso complessivo del testo, che vi può servire per imbastire la struttura argomentativa del vostro tema, basandovi sui concetti di fondo piuttosto che sulle singole parole delle tracce.
Vedere un esempio di questo procedimento nel sito:
» www.webalice.it/quomodo/italiano/scritto/esmp_2006.pdf

• a proposito: vi ricordate, vero, che riciclare alla lettera le definizioni del vocabolario è tabù? (qualcuno deve aver dimenticato la dettagliata lista dei tabù, forse perché si crede che siano delle limitazioni alla sua propria libertà di espressione, dimenticando che la vera limitazione alla vostra libertà di espressione è la vostra stessa incapacità o indisponibilità a seguire con coerenza e rigore le regole minimali della comunicazione!)
Ad perpetuam rei memoriam:
» www.webalice.it/quomodo/dizionar/htm/taboo.htm

• di nuovo la “dis-logica del giardino”: «Ora il telefono è lo strumento essenziale della nostra vita, perciò si discute principalmente sul nucleare e sulle scorie radioattive».
Volete una tecnica rapida e indolore per evitare simili cantonate? non scrivete mai niente che vi vergognereste di leggere ad alta voce davanti a tutta la classe!

• prendo atto che, nonostante le mie insistenze, diverse persone fanno la pessima scelta di non mostrare attenzione all’inizio e alla fine del tema, che sono i punti più delicati per i motivi evidenti che ho spesso ripetuto e che qui non ripeterò. Noto soprattutto che alcuni si dimenticano di scrivere una adeguata conclusione, per cui il loro testo sembra interrompersi bruscamente sull’orlo del baratro...

• forse l’ho già detto: quando usate parole straniere, sarebbe meglio sottolinearle, il che equivale al corsivo in stampa (ad es.: nel manoscritto talk-show, nello stampato talk-show).

• poviamo ora con una sottigliezza al limite del maniacale (tanto per distrarci dalle brutture più consuete e grossolane): ed / ad / od (con la -d eufonica) andrebbero solo davanti alle parole che cominciano con la stessa vocale che precede la -d (quindi solo: ad a-, od o-, ed e-).

• un’altra cosa che fatica a entrare nella testolina è che prima di “infatti” ci dovrebbero stare i “due punti”: infatti, la parola infatti introduce una spiegazione, illustrazione, esemplificazione, chiarificazione di ciò che è stato detto prima, il che è perfettamente coerente con i “due punti”, che sono una specie di equivalente di “cioè, vale a dire”. [Avete notato, tra l’altro, nella frase precedente l’uso metalinguistico del corsivo? e il fenomeno, esso pure metalinguistico, per cui la frase stessa è formalmente un caso di ciò di cui è spiegazione?]

• uso delle persone grammaticali in un testo saggistico. Sillogizziamo:
- dato che la 1ª persona è tipica della funzione emotiva, la 2ª della funzione conativa, la 3ª della funzione referenziale;
- essendo il testo saggistico eminentemente referenziale,
- ne consegue che la sua persona grammaticale tipica è la 3ª, mentre non sono adeguate la 1ª e la 2ª.
Tutti sanno che in un libro di scienze o di fisica o di storia al lettore non interessa che l’autore parli di sé, né tanto meno di un “tu” che non si saprebbe neanche chi sia! Evitare quindi scrupolosamente di usare la 1ª persona, e anche la 2ª generica (puzza di inglese lontano un miglio); soprattutto evitare di usare due o tre persone grammaticali diverse nella stessa frase o in frasi contigue, tipo «è necessario uno slancio innovativo, che ci permetta di trovare nuove sicurezze in un lavoro che ti gratifica e mi consente un arricchimento personale» [questa frase è inventata, ma ho visto anche di peggio!]

• una definizione non è un esempio, e un esempio non è una definizione. Certo si può partire da esempi, facendo seguire una definizione (procedimento induttivo); oppure viceversa partire da una definizione, seguita da uno o più esempi (procedimento deduttivo): ambedue sono procedimenti corretti.
Però io eviterei accuratamente affermazioni del tipo: «il mondo del lavoro è un’organizzazione complicatissima», perché dopo “è” devi dire quello che “è”, e il lavoro non “è” una organizzazione (se mai “ha”).

• noto che svariate persone non sanno nemmeno leggere la traccia.
Ad es. più d’uno ha letto la seguente frase (B2, doc. 1) «il lavoro “atipico”, cioè diverso dal lavoro dipendente, full-time a tempo indeterminato, ...», interpretandola come se volesse dire «il lavoro “atipico” è quello non a tempo indeterminato», ignorando che in quella definizione di “atipico” sono implicati ben tre caratteri: a) non dipendente, b) non full-time, c) non a tempo indeterminato – quindi, se vogliamo eliminare le litoti, ossia le doppie negazioni, dovremo dire che “atipico” è il lavoro a) indipendente (qui penso intenda da associati in cooperative), b) part-time e c) a tempo determinato!
E sì che la traccia lo spiegava con indubitabile chiarezza: dopo uno dice che la generazione dei nativi digitali non sa fermarsi più di 10 secondi sopra la stessa frase per cercare di capirla!