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Temi corretti 4

Abbiate pazienza: mi rendo conto che queste correzioni non sono sistematiche né ordinate, ma è ovvio che il motivo dipende essenzialmente dal fatto che le annoto man mano che i vostri nodi arrivano al mio pettine; del resto, le trattazioni sistematiche sono tre anni che le facciamo, e han prodotto i risultati che han prodotto (non so se mi spiego).
[A proposito: qualcuno ha notato che a volte le famose “ripetizioni”, che voi cercate di evitare come la peste, e poi ci cadete dentro come le pere cotte, piuttosto che sfuggire di mano senza che lo scrivente se ne accorga, possono invece essere funzionali alla trattazione, magari per darle un colore ironico, che è segno di vivacità intellettuale? lo stesso si può dire dell’uso dei luoghi comuni, che può diventare sopportabile solo nel caso che gli si dia una veste – come dire – personalizzata, e certamente non seriosa.]

• ritorniamo quindi sui titoli: credo che non ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni per rendersi conto che un titolo come «Capacità di adattamento» non dice nulla al lettore di ciò che lo aspetta nel testo, nemmeno l’argomento in generale: ovvio quindi che il lettore non obbligato si disinteressi del testo, mentre quello obbligato non ne trae certo una buona impressione di chiarezza ed evidenza. Questo è un caso lampante in cui è necessario un sottotitolo referenziale esplicito.

• «Il mondo del lavoro non si adatta alle esigenze del singolo, ma viceversa» può andare solo se viceversa significa che «il singolo si adatta alle esigenze del lavoro», non certo se (come invece sembra di intendere nel testo da cui ho preso la frase) il senso dovrebbe essere «il singolo deve, dovrebbe, non può che adattarsi alle esigenze...», il che appunto non è il viceversa dell’espressione precedente. Attenti alle sostituzioni di parole: devono essere esatte.

• attenti a non confondere l’astratto col concreto: «ogni lavoratore deve muoversi nel campo dei modelli lavorativi» non va bene, perché il lavoratore non si muove tra modelli, ma se mai tra lavori concreti, i quali se mai sono loro a corrispondere caso per caso a differenti “modelli lavorativi”: mi spiego?

• attenzione anche alle eccessive ellissi (= concetti sottintesi): «oggi un posto di lavoro è sempre più difficile da trovare, perché le richieste sono in aumento» non è argomento logicamente sufficiente: occorre pure che contemporaneamente le offerte di lavoro siano statiche o in calo, altrimenti il ragionamento non regge.

• ribadisco per l’ennesima volta un concetto capitale: non posso considerare sufficiente un tema svolto nella modalità del “saggio breve”, se non contiene citazioni da almeno tre tracce, o se, pur contenendole, non le esplicita nei modi consueti sui quali non ho mai smesso di insistere. Ciò dipende dalla natura stessa del saggio referenziale, che – come già più e più volte ribadito – non è la sede di confessioni personali o esibizionismi retorici (anche se può misuratamente contenerne), bensì ha il puro scopo di esporre una argomentazione, articolata in 3/4 punti e documentata mediante il ricorso a fonti di valore informativo e ideale comunemente appurato. Se non è così, non è un “saggio breve”!

• non riesco bene a focalizzare il motivo per cui non dobbiate mettere sempre il numero del documento accanto al nome dell’autore: non è mica naturale che, quando dici chi è che scrive, è proprio lì che ci si aspetta che tu dica dove sta scritto? (ovviamente – come già detto – prima il nome dell’autore, e poi il numero del documento).

• ho già avuto modo di dire che l’ironia, purché gestita con equilibrio e senza eccessi, è sempre un punto a favore dell’intelligenza di chi scrive, qualunque cosa sappia o non sappia, scriva o non scriva.
Però questo dettaglio vale anche all’incontrario: ossia chi svolge un tema deve saper riconoscere una affermazione ironica, per es. di una traccia, e non trattarla come se fosse una verità rivelata e acclarata, pena la figura più barbina che si possa immaginare! (lo dico soprattutto per chi non ha afferrato il registro decisamente ironico del “decalogo imposto al quadro”, in B2, doc. 4).

• a proposito, se decidete di numerare i documenti delle tracce di tipologia B, abbiate l’accortezza di dare un numero progressivo a tutti i documenti, non solo a quelli che utilizzate: questo sarebbe un altro attestato di incapacità di accorgersi che la realtà del mondo è un’altra cosa rispetto alla visione parziale che ne hai tu!

• altro bell’esempio di eccesso di ellissi: «ovviamente nulla ci è dato e tutto dobbiamo guadagnarci col sudore della fronte»; saranno contenti quelli che, dopo aver faticato una vita per darti finora quel che ti hanno sempre dato, leggeranno questo attestato della tua impagabile riconoscenza!
Ovvio che qui andava ristretto il campo specifico (ad es. “la conquista di un impiego”) nel quale dovrebbe valere l’affermazione un tantinello troppo generica e universale, per giunta proprio a conclusione del tema.

• c’è qualcuno che mi spiega il perché della mania odierna di attaccare la preposizione di alla parola che segue in certe locuzioni normalissime e semplicissime, tipo di sopra, di sotto, di fronte (il famoso Giano Difronte!), al di là, e simili? Sarà l’abitudine a risparmiare spazi negli sms? allora poi mi dovrà spiegare perché scrivono invece finora coll’apostrofo...

• altro esempio di anfibologia: «lo slancio innovativo deve soddisfare le esperienze e gli interessi maggiori delle persone»: ma quali? Siccome si sta parlando di lavoratori, sembrerebbe che le “persone” di cui nel testo fossero quelli, ma in tal caso non si capisce il senso della frase; del resto, sono persone anche gli imprenditori e i consumatori, e forse che scrive intendeva riferirsi a una di queste categorie. Insomma: se non parli chiaro, chi legge non capisce quel che intendi dire.

• un po’ di attenzione anche a coordinare cose che siano coordinabili: «il precariato è scoraggiante per i ragazzi intenzionati a formare una famiglia, così come per il sostentamento delle famiglie già formate»: non si capisce perché i ragazzi dovrebbero fare pendant col sostentamento; se mai era opportuno accostare i ragazzi che desiderano una famiglia alle famiglie già costituite, non credi?

• chiedo troppo se mi aspetto anche una attenzione di tipo – diciamo così – acustico? (non dimenticate che il vostro tema di esame sarà valutato sostanzialmente con una lettura ad alta voce). Evitare esempi bruttini di allitterazioni, paronomasie o annominazioni evidentemente sfuggite di mano, tipo «effettivamente determinando effettivi effetti affettivi» (sto scherzando..., ma non troppo).

• fossi in voi, sarei anche piuttosto cauto con certe forme perifrastiche sovrabbondanti, che sanno più di imbonitore piazzista che di ricercatore serio, tipo «andare a incominciare... venire a costituire...»: tutte espressioni (anglicismi o francesismi) sostituibili tranquillamente solo col secondo dei due verbi.

• tra quelli che si son dedicati alla traccia B2, ci sono diverse persone che, oltre a non aver colto l’ironia dei due “decaloghi” della Maier (doc. 4), mostrano di non aver ben chiara in mente la differenza tra operaio, impiegato e quadro (dirigenziale), che – credetemi, anche se del lavoro non avete ancora mai visto neppure l’ombra – non sono affatto sinonimi!

• attenti anche a evitare di costruire più frasi successive nello stesso modo, o addirittura colle stesse parole: «Il rapporto dell’uomo con la natura. Il rapporto dell’uomo con la natura è sempre stato... I tentativi del genere umano di relazionarsi con il mondo naturale furono... L’uomo rapportandosi alla natura faceva...»: non vi sembra un tantinello ripetitivo?

• non andate a capo a tutte le frasi, però andate a capo qualche volta: direi che si possono reggere normalmente paragrafi di 2/3 frasi, tenendo di sèguito quelle che parlano dello stesso argomento, e andando a capo ogni volta che si sviluppa l’articolazione del discorso. Se il cambio di argomento è notevole (come ad es. in un saggio per paragrafi distinti e titolati), si può addirittura saltare una riga.

• ancora un esempio di anfibologia per distrazione: «l’uomo ricerca nella natura l’emozione: non viene accettata così com’è, ma reinterpretata...»: chi penserebbe che il soggetto della seconda frase non sia l’emozione? e invece è la natura! Quando cambi il soggetto, comunque, devi sempre indicare il soggetto nuovo, perché il lettore non è obbligato a seguire le tue elucubrazioni mentali, anche ammesso che esse siano evidenti per te.

• altra brutta usanza è quella di moltiplicare i pronomi, senza accorgersi delle combinazioni stonate che ne derivano, come ad es. «questo è quello... quello che in questo caso quello dice...». Ricordate che i pronomi sono parole vuote, che il lettore deve riempire andando a cercare un referente nel testo: perché dunque complicargli la vita, al povero lettore, affidandogli un incarico faticoso, quando si può dirgli con chiarezza direttamente subito di cosa si sta parlando?

• altro errore da teste dure: non va bene in italiano una dipendente implicita che non abbia lo stesso soggetto della reggente; la ragione è evidente: l’implicita, non avendo desinenza personale, si appoggia naturalmente al soggetto della sua proposizione reggente (fa eccezione solo il caso della volitiva).
Vedi un po’: «l’uomo non ha un rapporto negativo con la natura, ma la civiltà lo rende infelice, non riuscendo più a vedere un senso positivo...»: chi non riesce? non la civiltà, che è soggetto della immediata reggente, bensì l’uomo, che invece è soggetto della principale precedente.