Peri, “Euridice” - 3

Categoria: Seicento
Ultima modifica il Venerdì, 25 Aprile 2014 08:38
Pubblicato Domenica, 09 Aprile 2006 13:12
Scritto da quomodo
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SCENA TERZA

Torna Arcetro, e dice:

Arcetro

   Se fato invido e rio
di queste amate piaggie a spent’il sole,
donne, ne riconsole
che per  celeste aita
il nobile pastor rimaso è in vita.

Coro (Ninfa III)

   Benigno don degl’immortali Dei,
se vive pur da tanta angoscia oppresso;
ma tu perché non sei
in sì grand’uopo al caro amico appresso?

Arcetro

   Con frettoloso passo,
come tu sai, dietro li tenni, or quando
da lungi il viddi che dolente e lasso
sen gia com’huom d’ogn’allegrezz’in bando,
il cors’alquant’allento,
pur tuttavia da lungi,
tenend’al suo cammin lo sguard’intento;
et ecco al loco ci giunge
dove fe’ morte il memorabil danno.
Ivi con tanto affanno
si dolenti sospir dal cor gl’usciro
che le fere e le piante e l’erbe e i fiori,
sospirar seco e lamentar s’udiro;
et egli: “O fere, o piante, o fronde, o fiori,
qual di voi per pietà m’addita il loco
dove ghiaccio divenne il mio bel foco?”
E come pors’il caso o voll’il fato,
girando intorno le dolenti ciglia,
scorse sul verde prato
del bel sangue di lei l’erba vermiglia.

Dafne

   Ahi miserabil vista, ahi, fato acerbo!

Arcetro

   Sovra il sanguigno smalto
immobilmente affisse
le lagrimose luci e ‘l volto esangue;
indi tremando disse:
“O sangue, o caro sangue,
del mio ricco tesor misero avanzo,
dhe co’ miei baci insieme
prendi dell’alma ancor quest’aur’estreme!”
E quasi ci fosse d’insensata pietra,
cadde su l’erba e quivi
non dirò fonti o rivi
ma di lacrime amare
da quegl’occhi sgorgar pareva un mare.

Coro (Ninfa I)

   Ma tu perché tardavi a darle aita?

Arcetro

   Io che pensato havea di starmi ascoso
finché l’aspro dolor sfogasse alquanto,
quando sul prat’erboso
cader lo viddi e crescer pianto a pianto,
mossi per sollevarlo: o meraviglia!
Et ecco un lamp’ardente
dall’alto ciel mi saettò le ciglia.
Allor gl’occhi repente
rivolsi al folgorar del nuovo lume
e, sovr’human costume,
entro bel carro di zaffir lucente
donna viddi celeste, al cui sembiante
si coloriv’il ciel di luce e d’oro;
avvinte al carro avante,
spargean le piume candidette e snelle
due colombe gemelle
e qual le nubi fende
cigno che d’alto alle bell’onde scende
tal con obliqui giri,
lente calando là fermaro il volo,
ove tra rei martiri
lo sconsolato amante
premea con guancia lacrimoso
il suolo; ivi dal carro scese
l’altera donna e con sembiante umano
candida man per sollevarlo stese.
Al celeste soccorso
la destra ci prese e fe’ sereno il viso.
Io di sì lieto avviso
per rallegrarv’il cor mi died’al corso.

Pastore del coro (Tirsi)

   A te, qual tu ti sia degl’alti numi,
ch’al nobile pastor recaste aita,
mentre avran queste membra e spirt’e vita,
canterem lodi ogn’or tra incensi e fumi.

Coro

1.  Se de’ boschi i verdi onori
raggirar su’ nudi campi
fa stridor d’orrido verno,
sorgon anco e frond’e fiori
appressando i dolci lampi
della luce il carro eterno.

2.  S’al soffiar d’austro nemboso
crolla in mar gli scogli alteri,
l’onda torbida e spumante
dolce increspa il tergo ondoso,
sciolti i nembi oscuri e feri,
aura tremola e vagante.

3.  Al rotar del ciel supemo
non pur l’aer e ‘l foco intorno,
ma si volge il tutto in giro:
non è il ben, né ‘l pianto eterno:
come or sorge or cade il giorno,
regna qui gioia e martiro.

Pastore del coro (Aminta)

   Poi che dal bel sereno
in queste piaggie humil tra noi mortali
scendon li Dei pietosi a’ nostri mali,
pria che Febo nascondi a Teti in seno
i rai lucenti e chiari,
al tempio, a’ sacri altari
andiam devoti e con celeste zelo
alziam le voci e ‘l cor cantando al cielo!

Coro

   Alziam le voci e ‘l cor cantando al cielo!

Finito questo a 5 il coro si parte, e la scena si muta in Inferno.