Monteverdi, “Ohimè ch’io cado”
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- Categoria: Seicento
- Ultima modifica il Mercoledì, 17 Aprile 2013 10:13
- Pubblicato Domenica, 03 Marzo 2013 19:31
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Claudio MONTEVERDI (1567-1643)
“Ohimè ch’io cado, ohimè”, canzonetta
da Carlo Milanuzzi (c.1590-c.1647), Quarto scherzo delle ariose vaghezze (Venezia, 1624)
testo di anonimo
1. Ohimè ch’io cado, ohimè
Ch’inciampo ancor il piè - pur come pria,
E la sfiorita mia - caduta spene
Pur di novo rigar
Con fresco lagrimar - hor mi conviene.
2. Lasso, del vecchio ardor
Conosco l’orme ancor - dentro nel petto;
Ch’ha rotto il vago aspetto - e i guardi amati
Lo smalto adamantin
Ond’armaro il meschin - pensier gelati.
3. Folle, credev’io pur
D’aver schermo sicur - da un nudo arciero;
E pur io sí guerriero - hor son codardo
Né vaglio sostener
Il colpo lusinghier - d’un solo sguardo.
4. O Campion immortal
Sdegno; come sí fral - hor fuggi indietro;
A sott’armi di vetro - incanto errante
M’hai condotto infedel
Contro spada crudel - d’aspro diamante.
5. O come sa punir
Tirann’amor l’ardir - d’alma rubella!
Una dolce favella, - un seren volto
Un vezzoso mirar,
Sogliono rilegar - un cor disciolto.
6. Occhi belli, ah se fu
Sempre bella virtù - giusta pietate!
Deh voi non mi negate - il guardo e ‘l viso
Che mi sa la prigion
Per sí bella cagion - il Paradiso.
• la seconda esecuzione, dello stesso gruppo della prima, è in divertente stile jazzistico