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Monteverdi, Combattimento (guida)

Claudio MONTEVERDI (1567-1643)

“Combattimento di Tancredi & Clorinda”, madrigale in stile rappresentativo
per soprano, 2 tenori, 4 viole da braccio, contrabbasso e clavicembalo

testo di Torquato TASSO (1544-1595), dalla Gerusalemme liberata, canto XII, 52-62, 64-68 (con integrazioni dalla Gerusalemme conquistata, XV)

[partitura]

prima esecuzione: Venezia, Carnevale 1624;
prima edizione: Madrigali guerrieri & amorosi. Libro ottavo (Venezia, 1638)

 

Nel 1624 Claudio Monteverdi propose un singolare intrattenimento scenico nel palazzo veneziano del conte Girolamo Mocenigo (per le nozze della figlia avrebbe scritto la sua prima opera a Venezia, la perduta Proserpina rapita), destinato a diventare uno dei più celebri tra i suoi capolavori: il Combattimento di Tancredi e Clorinda, poi pubblicato in quella silloge straordinaria che è il libro VIII dei Madrigali guerrieri et amorosi. L’intonazione delle stanze tassiane del duello notturno (fondamentalmente Gerusalemme liberata XII, 52-68, ma con contaminazioni dal canto XV della Conquistata) è affidata a un narratore (tenore) e agli interpreti (soprano e tenore) delle rade battute dei due personaggi, coadiuvati da un piccolo complesso di strumenti ad arco e dal basso continuo, in quella che originariamente fu concepita come una rappresentazione scenica, con entrata a sorpresa dei guerrieri in armatura (Tancredi anche a cavallo), come il compositore stesso si premura di ricordare, a posteriori, nell’introduzione al libro VIII. Un madrigale dunque realmente «in genere rappresentativo», un «mimo-dramma» (Claudio Gallico) dai caratteri ibridi e fascinosi di una «teatralità allusiva da camera» (Paolo Fabbri), in cui parola, musica e gesto si integrino perfettamente, o, per dirla con Monteverdi, «venghino ad incontrarsi in una imitatione unita». L’imitazione, ovvero la capacità mimetica della musica, viene messa alla prova sul banco del magistero oratorio dell’epica tassiana, che offre in termini esemplari le «due passioni contrarie da mettere in canto, guerra cioè, preghiera e morte». Nel Combattimento – sintesi meravigliosa di atteggiamenti, dal lirico all’epico al dialogico – il compositore mette a punto in particolare lo «stile concitato», o «genere da guerra» (funzionale «alla immitatione del ira») che diverrà in breve una vera e propria moda, seguita da Monteverdi stesso e dai suoi colleghi nei madrigali ma anche nella musica da chiesa.

(Raffaele Mellace, 2005, dalla brochure del CD
“Splendori del barocco veneziano - Profano”, Amadeus, n. 193)

 

 Guida all’ascolto

 

Presentazione dei personaggi e primo incontro.

[52.] Tancredi che Clorinda un homo stima,
vol nel’armi provarla al paragone:
va girando colei l’alpestre cima
ver altra porta ove d’entrar dispone.
Segue egli impetuoso: onde assai prima
che giunga, in guisa avien che d’armi suone,
ch’ella si volge e grida: «O tu, che porte,
correndo sì?» Rispose: «E guerra e morte.»

[53.] «Guerra e mort’havrai:» disse «io non rifiuto
darlati se lei cerchi e fermo attendi.»
Né vol Tancredi ch’ebbe a piè veduto
il suo nemico usar cavallo e scende.
E impugna l’un l’altro il ferro acuto
et aguzza l’orgoglio e l’ira accende
e vansi incontro a passi tardi e lenti
quai due tori gelosi e d’ira ardenti 

 

[1-2] Declamazione per note ribattute del personaggio Testo (tenore).

[3-4] Figura strumentale ondulata che ritorna su se stessa, in moto contrario tra le voci (girando).

[5-6] Sezione in metro ternario. «Trotto del cavallo»: figura strum. di ritmo giambico (∪–), dapprima in note lunghe, poi in note dimezzate, allusiva all’avvicinarsi di Tancredi; infine il ritmo si muta in anapestico (∪∪–) (impetuoso).

[6-7] Figure strumentali idiomatiche della tromba naturale (arpeggi di re e sol magg.), e del rullo di tamburi (batterie di veloci note ribattute), allusive a una fanfara bellica (motivo di battaglia: d’armi suone).

[7-14] Dialogo Clorinda-Tancredi (soprano, tenore), con interventi del Testo. Si noti la clausola ascendente della domanda di Clorinda, e quella discendente della risposta di Tancredi; come pure il chiaro percorso verso il grave corrispondente allo smontare da cavallo del guerriero (e scende).

[15] «Passeggio bellicoso grave»: iterazione di figura strumentale a valori larghi ascendenti per grado (passi tardi e lenti).

[16] Figura strumentale per note ribattute in batterie di semicrome con effetto di tremolo (tori gelosi e d’ira ardenti): è un esempio del famoso ‘stile concitato’, introdotto da Monteverdi nella musica madrigalistica con conseguenze di straordinaria diffusione.

 

Prologo al duello. Invocazione alla notte.

[54.] Notte, che nel profond’oscuro seno
chiudesti e nell’oblio fatto sí grande; 
degno d’un chiaro sol, degno d’un pieno
theatro opre sarian sì memorande:

piacciati ch’indi il tragga e ‘n bel sereno
alle future età lo spieghi e mande.
Viva la fama lor e tra lor gloria
splenda del fosco tuo l’alta memoria.  

 

La narrazione epica è momentaneamente sospesa, per una pausa di effusione lirica, in forma di apostrofe alla Notte, con allusione esplicita al teatro (in funzione di ossimoro, poiché in realtà nessuno all’infuori della Notte stessa è testimone dello straordinario evento imminente).

«Sinfonia» strumentale bipartita (AB, lento-veloce). A: frase unica di due incisi; B: «Passeggio ristretto», composto di 4 incisi (3 scale di 5 gradi ascendenti, e una discendente), ripetuto due volte, davanti alla prima e alla seconda strofa, a modo di ritornello (sipario).

[17-20] Aria strofica su b.c. Prima strofa, in 4 incisi, ampiamente fioriti di melismi eseguiti all’improvviso (come indicato dalla prefazione). Segue ritornello del «Passeggio ristretto» strumentale (B).

[21-24] Seconda strofa dell’aria, negli stessi 4 incisi della prima, leggermente variati; da notare i vistosi madrigalismi di pittura sonora su spieghi e alta.

 

«Principia qui la guerra».

[55.] Non schivar, non parar, non pur ritrarsi
voglion costor, né qui destrezz’ha parte,
non danno i colpi hor finti, hor pieni, hor scarsi:
toglie l’ombra e ‘l furor l’uso dell’arte.
Odi le spade orribilmente urtarsi
a mezzo il ferro e ‘l pié d’orma non parte;
sempr’è il pié fermo, e la man sempre in moto
né scende taglio invan, né punta a voto.

[56.] L’onta irrita lo sdegno alla vendetta
e la vendetta poi l’onta rinnova; 
onde sempre al ferir, sempre alla fretta
stimol novo s’aggiunge e piaga nova;
d’hor in hor più si mesce e più ristretta
si fa la pugna, e spada oprar non giova:
dansi co’ pomi infelloniti e crudi,
cozzan co’ gli elmi insieme e co’ gli scudi
 

 

Sottile interazione tra Testo e strumenti nella rappresentazione via via più concitata e mimetica del combattimento, attraverso un climax di figure ritmiche incisive, marziali e incalzanti.

[25-26] Metro ternario. Alternanza di figura ritmica anapestica fra strumenti e Testo (schivar).

[27-28] Metro binario. Alternanza di singole note degli strumenti in accento, e del Testo in sincope (colpi).

[29-30] Motivo idiomatico degli squilli di tromba in ritmo giambico, prima a valori medi (crome-semiminime) in alternanza fra gli archi a eco (tridimensionalità), poi a valori brevi (semicrome-crome) tutti insieme, mentre il basso, allo stesso ritmo giambico, ha un lungo pedale di sol (il pié d’orma non parte).

[31] Motivo strumentale ondulato su la (il pié fermo), poi altalenante su si-re, e sol-fa (la man sempre in moto), mentre il basso insiste sulla cadenza re-sol.

[32] Veloci scale di sol discendenti, poi a moto contrario (scende).

[33-35] Apice dello stile concitato: insistenti batterie di veloci note ribattute in alternanza strumenti-Testo.

[36-38] Tra le note ribattute si inserisce di nuovo agli archi acuti la figura idiomatica degli squilli di tromba discendenti in eco (cfr. 29-30).

[39-40] «Qui si lascia l’arco, e si strappano le corde con duoi diti»: sfruttamento a sorpresa del pizzicato agli archi in metro binario (dansi co’ pomi), poi ternario (cozzan co’ gli elmi).

 

L’ambiguo abbraccio dei contendenti.

[57.] Tre volte il cavaglier la donna stringe
con le robuste braccia, et altrettante
poi da quei nodi tenaci ella si scinge,
nodi di fier nemico e non d’amante.
Tornano al ferro, e l’un e l’altro il tinge 
di molto sangue; e stanco et anelante
e questi e quegli alfin pur si ritira,
e dopo lungo faticar respira.
 

 

[41-42] «Qui si ripiglia l’arco». Sopra la declamazione statica (sol) del Testo, gli strumenti ripetono tre volte in sincope il nesso di accordi sol-do (tre volte... stringe).

[43-44] Terze discendenti in imitazione tra le parti strumentali (scinge); infine intera scala discendente in sincope.

[45-46] Ripresa dello stile concitato (tornano al ferro): note ribattute veloci sull’accordo di sol (tromba), con una espressiva clausola cromatica alla parola sangue.

[46-47] Motivo ritmico lento e statico di 5 note, replicato 5 volte sull’accordo di sol min. discendente (stanco et anelante).

[47-48] Repentino spegnersi del combattimento: le parti strumentali tacciono, e il canto prosegue statico e spezzato, col solo Testo pacatamente sostenuto dal b.c.

 

Amara riflessione del Testo.

[58.] L’un l’altro guarda, e del suo corpo esangue
sul pomo della spada appoggia il peso.
Già de l’ultima stella il raggio langue
su ‘l primo albor ch’è in oriente acceso.
Vede Tancredi in maggior copia il sangue
del suo nemico, e sé non tanto offeso.
Ne gode e insuperbisce. O nostra folle 
mente, ch’ogni aura di fortuna estolle!

[59a.] Misero, di che godi? Oh quanto mesti
fiano i trionfi et infelice il vanto!
Gli occhi tuoi pagheran, s’in vita resti,
di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.
 

 

[49-50] Il declamato del Testo su b.c. continua a lungo, dapprima in forma di recitativo statico su corda fissa;

[51-56] poi, progressivamente più mosso, acquista sempre più espressività, soprattutto a partire dalla esclamazione alla folle mente,

[57-60] fino a diventare, nella apostrofe gnomica che segue, un vero e proprio arioso.

 

Dialogo tra i guerrieri e ultima sfida.

[59b.] Così tacendo e rimirando, questi
sanguinosi guerrier cessaro alquanto.
Ruppe il silenzio alfin Tancredi e disse,
perché il suo nome a l’un l’altro scoprisse:

[60.] «Nostra sventura è ben che qui s’impieghi
tanto valor dove silentio il copra.
Ma poi che sorte ria vien che ci nieghi
e lode e testimon degni de l’opra,
pregoti, se fra l’armi han loco i prieghi,
ch’el tuo nome e ‘l tuo stato a me tu scopra,
acciò ch’io sappia, o vinto o vincitore,
chi la mia morte o la mia vita honore

[61.] Rispose la feroce: «Indarno chiedi
quel c’ho per uso di non far palese;
ma chiunque io mi sia, tu inanzi vedi
un di quei duo che la gran torre accese.»
Arse di sdegno a quel parlar Tancredi,
e: «In mal punto il dicesti;» [indi riprese]
«il tuo dir e ‘l tacer di par m’alletta,
barbaro discortese, a la vendetta.»
 

 

[61-72] Dopo il momento declamatorio e la seguente parentesi intensamente lirica, il racconto ritorna a una forma di piano recitativo narrativo, appena un po’ più mosso di patetismo nelle battute abbastanza estese del personaggio Tancredi, anch’egli sul semplice b.c.; da notare la discesa cromatica di pregoti (v. 69).

[73-80] La risposta di Clorinda riaccende la foga, fino alla sfida.

 

Ripresa del combattimento.

[62.] Torna l’ira ne’ cori e li trasporta,
benché debili in guerra a fiera pugna.
U’ l’arte in bando u’ già la forza è morta,
ove invece d’entrambi il furor pugna!
Oh che sanguigna e spatiosa porta
fa l’una e l’altra spada ovunque giugna
ne’ l’armi e nelle carni! e se la vita
non esce, sdegno tienla al petto unita.
 

 

[81-82] «Guerra». Ripresa dello stile concitato agli strumenti e alla voce.

[83-84] Metro ternario. Formule idiomatiche della fanfara: trombe e tamburi (pugna, cfr. vv. 6-7).

[85-88] Metro binario. Stile concictato, con richiami idiomatici di tromba in eco alle parti acute.

 

Fine del combattimento. Ferimento di Clorinda.

[64.] Ma ecco homai l’hora fatal è giunta
ch’el viver di Clorinda al suo fin deve.
Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
che vi s’immerge e ‘l sangue avido beve;
e la veste, che d’or vago trapunta
le mammelle stringea tenera e lieve,
l’empie d’un caldo fiume: ella già sente
morirsi, e ‘l piè le manca egro e languente.

[65.] Segue egli la vittoria: e la trafitta
vergine minacciando incalza e preme.
Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme;
parole ch’a lei novo spirto ditta,
spirto di fé, di carità, di speme:
virtú che Dio l’infonde, e se rubella
in vita fu, la volle in morte ancella. 
 

 

[89-96] Recitativo piano del testo sul solo b.c., disseminato di madrigalismi sulle parole chiave della narrazione: caldo fiume; sente morirsi; egro e languente.

[97-104] Continua il recitativo piano, senza particolare insistenza sulle parole chiave.

 

Preghiera di Clorinda.

[66a.] «Amico, hai vinto: io ti perdon. Perdona
tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
a l’alma sí; deh! per lei prega, e dona
battesmo a me ch’ogni mia colpa lave.»
 

 

[105-108] Arioso espressivo, accompagnato da accordi di tutti gli archi.

 

Battesimo e morte di Clorinda.

[66b.] In queste voci languide risuona
un non so che di flebile e soave
ch’al cor gli scende et ogni sdegno ammorza,
e gli occhi a lagrimar l’invoglia e sforza.

[67.] Poco quindi lontan nel sen d’un monte
scaturia mormorando un picciol rivo:
egli v’accorse e l’elmo empié nel fonte,
e tornò mesto al grande ufficio e pio.
Tremar sentí la man, mentre la fronte
non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
La vide, la conobbe, e restò senza
e voce e moto. Ahi vista! Ahi conoscenza!

[68.] Non morí già, ché sue virtuti accolse
tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
e premendo il suo affanno a dar si volse
vita con l’acqua a chi co ‘l ferro uccise.
Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse,
colei di gioia trasmutossi e rise;
e in atto di morir lieto e vivace,
dir parea: «S’apre il ciel, io vado in pace.» 

 

[109-118] Ripresa del recitativo semplice del Testo col solo b.c.

[119-120] Aumento della tensione espressiva: agnitio (culmine della narrazione); madrigalismo di nota fissa e lenta (restò senza e voce e moto).

[121-128] Di nuovo recitativo piano, che prepara le ultime parole di Clorinda.

[128] Madrigalismo di pittura sonora (ciel), accompagnato da tutti gli archi.