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Quintiliano, I doveri del docente

Quintiliano: placebat propter sola vitia

Un giudizio critico su Seneca scrittore

 

M. Fabius QUINTILIANUS (35/40-96)

Institutio Oratoria, II, 2, 1-4

 

1. Sumat igitur ante omnia parentis erga discipulos suos animum, ac succedere se in eorum locum, a quibus sibi liberi tradantur, existimet.

(Il maestro) assuma prima di tutto i sentimenti di un genitore verso i suoi discepoli e stimi di succedere al posto di coloro dai quali i figli gli sono affidati.

Ipse nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium, hinc contemptus oriatur.

Egli stesso non abbia vizi e non (li) sopporti. La sua austerità non sia triste, non sregolata la sua cordialità , perché non sorga di là odio, di qua disprezzo.  

Plurimus ei de honesto ac bono sermo sit: nam quo saepius monuerit, hoc rarius castigabit; minime iracundus, nec tamen eorum, quae emendanda erunt, dissimulator; simplex in docendo, patiens laboris, adsiduus potius quam inmodicus. Abbia parecchio discorso sull'onesto e sul buono; infatti quanto più spesso avrà ammonito, tanto più raramente castigherà; non sia affatto iracondo, nè tuttavia sia dissimulatore di quelle cose che sono da emendare; sia semplice nell’insegnare, paziente della fatica, assiduo più che smodato.
2. Interrogantibus libenter respondeat, non interrogantes percontetur ultro. Risponda volentieri a quelli che (lo) interrogano; a sua volta interpelli quelli che non (lo) interrogano.
In laudandis discipulorum dictionibus nec malignus nec effusus, quia res altera taedium laboris, altera securitatem parit. Nel lodare le dizioni dei discepoli non (sia) maligno né esagerato, poiché una cosa partorisce tedio della fatica, l'altra sicumera.
3. In emendando, quae corrigenda erunt, non acerbus minimeque contumeliosus; nam id quidem multos a proposito studendi fugat, quod quidam sic obiurgant, quasi oderint. Nel correggere (le cose) che dovranno essere corrette, non (sia) acerbo e nient'affatto offensivo; infatti ciò appunto allontana molti dal proposito di studiare, (e cioè il fatto) che certi (maestri) rimproverino quasi che odiassero.
4. Ipse aliquid, immo multa cotidie dicat, quae secum auditores referant.
Egli stesso dica qualcosa, anzi molte cose ogni giorno, che gli uditori riportino fra sé.
Licet enim satis exemplorum ad imitandum ex lectione suppeditet, tamen viva illa, ut dicitur, vox alit plenius praecipueque eius praeceptoris, quem discipuli, si modo recte sunt instituti, et amant et verentur.
Sebbene infatti (il maestro) fornisca abbastanza di esempi da imitare dalla lettura, tuttavia la voce viva - come si dice - nutre più pienamente e specialmente (quella) di quel precettore che i discepoli, se solo sono stati istruiti rettamente, amano e temono.
Vix autem dici potest, quanto libentius imitemur eos quibus favemus. A stento poi potrebbe dirsi, quanto più volentieri imitiamo coloro che ammiriamo.

  

 Traduzione interpretativa

 

 Problemi grammaticali