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Foscolo, “A se stesso”

Foscolo: breve è la vita e lunga è l’arte

La sua sintesi della propria vita

 

Ugo Foscolo (1778-1827)
dai Sonetti,
xii (1801)

 

In questo sonetto sono raccolti tutti i principali temi biografici, ideologici e poetici cari al giovane Foscolo, al punto che si può usarlo in certo senso come un compendio. Nella prima terzina sono condensate le allusioni autobiografiche alla famiglia spezzata (figlio infelice), alle relazioni amorose irrealizzate (disperato amante), alla condizione di esule (senza patria), nonché al carattere ombroso (a tutti aspro e a te stesso) e precocemente invecchiato. Nella prima quartina si configura la sua concezione materialistica dell’esistenza destinata al nulla eterno. Nella seconda quartina si riafferma l’interpretazione negativa della vita, che non è altro che error, ira e ambascia, e il riscatto offerto dalla poesia, che sola potrà dare l’eternità nella memoria dei posteri: un tema che riecheggia in chiusura del sonetto, nella insanabile contrapposizione tutta alfieriana tra l’impossibilità di un nobile agire nel presente, e l’alternativa della scrittura creativa, purché libera da qualsiasi condizionamento.

Nota metrica: sonetto, rime ABBA ABBA CDC EDE.

 

                     A SE STESSO  
Che stai? (1) già il secol l’orma ultima (2) lascia;
dove del tempo son le leggi rotte (3)
precipita, portando entro la notte
quattro tuoi lustri (4), e obblio freddo li fascia.

Che se vita è l’error, l’ira, e l’ambascia (5),
troppo hai del viver tuo l’ore prodotte (6);
or meglio vivi, e con fatiche dotte
a chi diratti antico esempi lascia.

Figlio infelice, e disperato amante,
e senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
giovine d’anni e rugoso in sembiante,

che stai? breve è la vita, e lunga è l’arte (7);
a chi altamente oprar non è concesso
fama tentino almen libere carte.

1 “Perché stai fermo?”, latinismo.
2 Allude alle ultime ore del 31 dicembre 1800, “l’ultimo passo” del secolo XVIII.
3 Il baratro del nulla, “dove le leggi del tempo sono annullate”.
4 “vent’anni” (in realtà Foscolo all’epoca ne aveva 22).
5 “angoscia”.
6 “hai portato troppo avanti”, latinismo.
7 La poesia dura più a lungo di una vita: il concetto è oraziano.

 

 Strutture e connotazioni

Significante. Anzitutto l’anafora «che stai?» costituisce quasi una cornice, posta com’è nell’incipit della prima e dell’ultima sezione (riecheggiato anche nel «che» della seconda quartina). Tipici di Foscolo sono poi gli iperbati («del tempo son le leggi rotte», v. 2; «hai del viver tuo l’ore prodotte», 6) e l’anastrofe («esempi lascia», 8), modellati sull’ordine della frase latina.

Significato. Le antitesi, concentrate nella sezione autobiografica, rilevano i contrasti, su cui spesso si fonda lo stile foscoliano più acceso: in chiasmo («figlio infelice e disperato amante», v. 9); con forti allitterazioni («a tutti aspro e a te stesso», 10); in parallelismo («giovine d’anni e rugoso in sembiante», 11; «breve è la vita e lunga è l’arte», 12: un esempio lampante di epifonema). L’annominazione-poliptoto «vita... viver... vivi», domina la seconda quartina, ripresa ciclicamente da «vita» verso la fine (12). Interessanti la perifrasi «quattro tuoi lustri», connessa alla sinestesia «obblio freddo» (4), che confluisce nel climax del v. seguente «l’error, l’ira, e l’ambascia». Il relativo indefinito fortemente compendiario «a chi» (13, nel senso di “a colui al quale”) crea una specie di stridore sintattico, che confluisce nel ritmo pacato della ipallage conclusiva «libere carte».