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Verga, Il ciclo dei vinti

Verga: il realismo io l’intendo così

L’idea del ‘Ciclo dei vinti’

 

Giovanni Verga (1840-1922)
da una Lettera a Salvatore Paolo Verdura

 

[21 aprile 1878]

Ho in mente un lavoro che mi sembra bello e grande. Una specie di fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo al ministro ed all’artista ed assume tutte le forme, dall’ambizione alla avidità di guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del gran grottesco umano, lotta provvidenziale che guida l’umanità attraverso tutti gli appetiti, alti e bassi, alle conquiste della verità!

Insomma cogliere il lato drammatico, o ridicolo o comico di tutte le fisionomie sociali, ognuna colla sua caratteristica, negli sforzi che fanno per andare avanti in mezzo a questa onda immensa che è spinta dai bisogni più volgari o dalla avidità della scienza ad andare avanti, incessantemente, pena la caduta e la vita, pei deboli e mal destri!

Mi accorgo che quando avrai letto questa lunga filastrocca sarò riuscito a dirtene ancora niente e ne saprai meno di prima. Il primo racconto della serie, che pubblicherò tra breve, ti spiegherà meglio il mio concetto, se ci riesco. Per adescarti, dirò che i racconti sono cinque, tutti sotto il titolo complessivo della Marea e saranno:

1°) Padron ‘Ntoni;
2°) Mastro Don Gesualdo;
3°) la Duchessa delle Gargantàs;
4°) l’On. Scipioni;
5°) l’Uomo di lusso.

Ciascun romanzo avrà una fisionomia speciale, resa con mezzi adatti. Il realismo, io, l’intendo così, come la schietta ed evidente manifestazione e l’osservazione coscienziosa, la sincerità dell’arte, in una parola : potrà rendere un lato della fisionomia italiana moderna, a partire dalle classi infime dove la lotta è limitata al pane quotidiano, come nel “Padron ‘Ntoni” e a finire nelle varie aspirazioni nelle ideali avidità dell’uomo di lusso (un segreto) passando per le avidità basse alle vanità del “Mastro Don Gesualdo”, rappresentante della vita di provincia, all’ambizione di un deputato.