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Pindemonte, “La melanconia”

Pindemonte: il mesto melanconico

Il mito della sensibilità estenuata

 

Ippolito Pindemonte (1753-1828)

da Poesie campestri, 6 (1788)

 

Nota metrica. Ode in ottave di quinari suddivise in due quartine; schema delle rime: abac dbdc (le rime c sono tronche).

 

      LA MELANCONIA  




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1.  Fonti, e colline
Chiesi agli Dei:
M’udiro al fine,
Pago io vivrò.
    Né mai quel fonte
Co’ desir miei,
Né mai quel monte
Trapasserò.
 


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2.  Gli onor che sono?
Che val ricchezza?
Di miglior dono
Vommene altier:
    D’un’alma pura,
Che la bellezza
Della Natura
Gusta, e del Ver.

 




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3.  Né può di tempre
Cangiar mio fato:
Dipinto sempre
Il ciel sarà.
    Ritorneranno
I fior nel prato
Sin che a me l’anno
Ritornerà.

 

25




30

4.  Melanconia,
Ninfa gentile,
La vita mia
Consegno a te.
    I tuoi piaceri
Chi tiene a vile,
Ai piacer veri
Nato non è.

 



35




40

5.  O sotto un faggio
Io ti ritrovi
Al caldo raggio
Di bianco ciel;
    Mentre il pensoso
Occhio non movi
Dal frettoloso
Noto ruscel:

 





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6.  O che ti piaccia
Di dolce Luna
L’argentea faccia
Amoreggiar;
    Quando nel petto
La Notte bruna
Stilla il diletto
Del meditar:

 


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7.  Non rimarrai,
No, tutta sola:
Me ti vedrai
Sempre vicin.
    Oh come è bello
Quel di vïola
Tuo manto, e quello
Sparso tuo crin!

 




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8.  Più dell’attorta
Chioma, e del manto,
Che roseo porta
La Dea d’Amor:
    E del vivace
Suo sguardo oh quanto
Più il tuo mi piace
Contemplator!

 

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70

9.  Mi guardi amica
la tua pupilla
Sempre, o pudica
Ninfa gentil;
    E a te, soave
Ninfa tranquilla,
Fia sacro il grave
Nuovo mio stil.

 

 

  Per approfondire

• Vincenzo Bellini, Malinconia, da Sei ariette