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Futurismo. La poetica del progresso

Futurismo. La poetica del progresso

da "Sapere. Modi e stili del nostro secolo", a cura di E. Garroni (Rai 1969)

 

[trascrizione del documentario]

Nel 1902 Georges Méliès, prestigiatore, costruttore di automi e regista cinematografico, gira il primo film fantascientifico della storia: "Il viaggio nella luna" [vedi il film]. Comincia così a livello di comunicazioni di massa l'idoleggiamento del futuro, sia pure ancora nel gusto e nelle intenzioni, con molti ricordi del passato e un atteggiamento fondamentalmente divertito.

A quasi settant'anni di distanza quel filone continua a prosperare a costi vertiginosi: è il momento della colossale "Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick. Il divertimento è diminuito in favore dell'ironia, i ricordi letterari sono impalliditi, il futuro ha assunto tonalità minacciose, sinistre, metafisiche, e addirittura religiose; ma l'idoleggiamento del futuro, la fuga verso il futuro, continua.

Il futuro, per l'opinione comune del secolo scorso, è cominciato con il treno: il treno ottocentesco oggi ci fa sorridere. Sembra impossibile che abbia potuto provocare una rivoluzione così profonda; ma bisogna tener conto che allora non aveva concorrenti, era il primo simbolo pubblico e appariscente di una nuova era; era il primo tangibile segno del genio umano, che non si accontenta più di accomodarsi alla natura, ed è deciso a dominarla, a creare su di essa una nuova natura artificiale.

I nostri film rievocano di solito la psicologia ferroviaria dell'800 in chiave patetica e folcloristica, come nel caso della famosa ferrovia Napoli-Portici, la prima inaugurata in Italia nel 1839. Ma c'è un errore di prospettiva in questo atteggiamento: allora, e ancora per tutto il secolo, la locomotiva era, secondo una metafora comune, il mostro d'acciaio che si divorava rapidamente alcuni millenni di storia, dominati dal prestigio del passato, dalla tradizione, e poneva in luogo di questa, come criterio di valore e polo d'attrazione, il futuro, l'invenzione, la temerarietà, l'ignoto.

Naturalmente non fu un'esplosione repentina: il mito del futuro doveva farsi strada con mille compromessi; così il mostro d'acciaio poteva anche accordarsi, come nei treni reali o papali, con il gusto delle fastose carrozze rococò. Pistoni d'acciaio e merletti hanno del resto convissuto a lungo, fin quasi ai nostri giorni, nei treni speciali e nelle prime classi.

Ma il via era dato: dal treno all'automobile, dall'aeroplano alla nave spaziale, il cammino non solo tecnico, ma psicologico e culturale dell'uomo è già tutto tracciato. Era pensabile che l'arte, il gusto corrente, non subissero una scossa vigorosa? era ancora possibile dipingere Veneri uscenti dalle acque e costruire palazzi in forma di templi greci? Il cinema appena nascente già si orientava verso l'attualità, verso una tematica e una iconografia moderne, come nel notissimo "Arrivo del treno" (1895) dei fratelli Lumière [vedi il film].

Infatti si afferma proprio nell'800, accanto all'architettura tradizionale, una nuova architettura in metallo, simboleggiata dalla torre costruita da Eiffel a Parigi in occasione dell'Esposizione universale del 1889. È un'architettura che gli architetti non chiamavano con questo nome: preferivano parlare di semplice ingegneria; ed era già nata, sul finire del '700, in stretta connessione con le esigenze della nuova organizzazione industriale. È un'architettura che provocò lo sdegno di artisti e letterati; era uno scandalo, ma era anche affascinante, era il futuro.

Daguerre: nome mitico, uno dei molti protagonisti dell'invenzione della fotografia: ecco un'altra piccola e sconvolgente rivoluzione nel modo di guardare alla vita e di visualizzare il mondo. Il suo gusto fu dapprima incerto e spesso assai dubbio. E tuttavia lo studio del fotografo diventa nell'800 un laboratorio alchimistico per trasformazioni profonde. Come si conosceva il mondo, i fatti del mondo, prima della fotografia? Attraverso strumenti elaborati dalla tradizione letteraria e pittorica. Con la fotografia si scopre la realtà com'è. La guerra in Crimea? ecco per la prima volta la guerra com'è: squallida, povera, senza aloni.

Non sempre la fotografia capisce se stessa: spesso si mette a scimmiottare la pittura, cioè il passato; ma altre volte è vero anche il contrario: che la pittura rifà il verso alla fotografia, cossiché spesso non si distinguono più. Ma la fotografia va avanti, scopre aspetti della realtà fino ad allora insospettati, permette di vederla in modo diverso. Pur essendo statica, consente per la prima volta di analizzare il movimento; ci fa capire che l'uomo non è mai un distinto signore in posa davanti al pittore, ma la somma di una quantità di azioni, di movimenti.

Così anche per questo la pittura tradizionale entra in crisi. La fotografia, già agli inizi del nostro secolo ['900], non si limita più all'istantanea; si sforza di cogliere proprio quella somma di movimenti, come in queste splendide foto di Bragaglia. E lo stesso accade alla pittura: l'imitazione del procedimento fotografico, come in questo quadro di Balla, è perfetta. Non si tratta più di immobilizzare la realtà per conoscerla, ma di conoscerla proprio nel suo movimento. Il passato, legato all'ideale dell'immobilità, diventa il nemico del nuovo gusto. Il passato, e naturalmente tutti i suoi miti, importanti o marginali, antichi e recenti, diventano oggetto di disprezzo sistematico e appassionato, con una punta di spavalda buffoneria.

Uccidiamo il chiaro di luna

Nascono così con Filippo Tommaso Marinetti e alcuni altri intorno agli anni dieci, i manifesti antipassatisti del Futurismo: il movimento più tipico di quella fuga verso il futuro, che è una delle componenti più significative dell'arte e del costume del nostro tempo. Futurismo infatti è stato per decenni nell'opinione comune sinonimo di arte nuova, di avanguardia.

La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa,  il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnific enza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. [...] Non v’è bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. [...] Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente. [...] Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e conto ogni viltà opportunistica o utilitaria. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, [...]; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; [...] i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli [...] È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquarii. I più anziani fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l’opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo! [leggi tutto il testo]

Marinetti è il principale animatore di questo gruppo di ribelli contro il passato, che sarebbe però un errore considerare rivoluzionari. Molti insulti, molto scandalo, ma anche molto estetismo piccolo-borghese. Il linguaggio stesso viene rivoluzionato: parole in libertà, invenzioni onomatopeiche, accostamenti rapidi e imprevisti. Ma nello stesso tempo non era sempre in agguato il rischio di una nuova retorica?

maledizione canaglia canaglia gridare gridare urlare fuggire fuggi

Nel gruppo troviamo artisti di primo piano, come Carrà, che ebbe la sua stagione futurista, ma già covava il ritorno, che fu del resto splendido, al passato, alla pittura di Giotto. Giacomo Balla, forse il pittore più interessante dal punto di vista del nuovo linguaggio: un pittore che sperimenterà, e spesso anticiperà i più diversi aspetti della pittura d'avanguardia, e che sarà però destinato a ritornare, dopo il '30, alla pittura più oleografica e passatista. Altro nome importante: Umberto Boccioni, scultore e pittore di enorme talento, futurista sì, ma con un senso della forma che lo ricollega per più versi alla tradizione plastica italiana. Ma che cosa sarebbe potuto accadere di lui più tardi non sappiamo: volontario di guerra, muore giovanissimo nel '16 in sèguito a una caduta da cavallo. Severini, il più parigino, il più decorativo del gruppo, amico di Apollinaire, il poeta e critico della pittura cubista, che ebbe il suo momento di entusiasmo futurista. Anche Apollinaire scrisse un manifesto sull'anti-tradizione futurista, in cui si prometteva distruzione alla storia e rose a Marinetti e a una fitta schiera di artisti d'avanguardia, futuristi e non.

E ancora Sant'Elia, un architetto avvenirista, legato però al gusto liberty, e più precisamente secessionista di quegli anni, che non ebbe mai la possibililtà di realizzare i suoi progetti. A riguardarli oggi questi disegni ci rendiamo conto della loro straordinaria capacità di intuizione di un gusto avveniristico, che si sarebbe prolungato ancora per decenni anche a livello di fantasia di massa. Non sono così concepiti gli edifici della città di Mongo, il pianeta sconosciuto teatro delle avventure di Gordon Flash?

Il Futurismo vuol portare il suo nuovo linguaggio dappertutto: pittura, poesia, musica, costume, e naturalmente anche nel cinema. Ecco pochi bellissimi fotogrammi di un famoso film di Bragaglia: "Perfido incanto" del 1916. Gli apporti del Futurismo dal punto di vista del rinnovamento del linguaggio furono dunque importanti. Ma il suo antipassatismo furioso rischiò continuamente di trasformarsi in retorica reazionaria, salvata soltanto dal gusto dello scandalo e del paradosso.  Come nei famosi manifestini lanciati su Venezia dalla torre dell'orologio.

Contro Venezia passatista (27 aprile 1910)
Noi ripudiamo l’antica Venezia estenuata e sfatta da voluttà secolari, che noi pure amammo e possedemmo in un gran sogno nostalgico.

Ripudiamo la Venezia dei forestieri, mercato di antiquari falsificatori, calamita dello snobismo e dell’imbecillità universali, letto sfondato da carovane di amanti, semicupio ingemmato per cortigiane cosmopolite, cloaca massima del passatismo.
Noi vogliamo guarire e cicatrizzare questa città putrescente, piaga magnifica del passato. Noi vogliamo rianimare e nobilitare il popolo veneziano, decaduto dalla sua antica grandezza, morfinizzato da una vigliaccheria stomachevole ed avvilito dall’abitudine dei suoi piccoli commerci loschi.
Noi vogliamo preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa dominare il mare Adriatico, gran lago italiano.
Affrettiamoci a colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi.
Bruciamo le gondole, poltrone a dondolo per cretini, e innalziamo fino al cielo l’imponente geometria dei ponti metallici e degli opifici chiomati di fumo, per abolire le curve cascanti delle vecchie architetture.
Venga finalmente il regno della divina Luce Elettrica, a liberare Venezia dal suo venale chiaro di luna da camera ammobigliata. [leggi tutto il testo]

Fino a che punto paradosso e buffoneria? Sta di fatto che l'avvenirismo, l'antipassatismo dei futuristi fu anche nazionalismo, interventismo, colonialismo, idolatria della guerra e della violenza. La guerra in Libia del 1911 sollevò, per esempio, gli entusiasmi letterari dei futuristi. Ecco un testo assai significativo di Marinetti, che riascolteremo attraverso la voce dello stesso scrittore, conservataci da una vecchia registrazione.

BATTAGLIA DI TRIPOLI
Peso + Odore

Mezzogiorno 3/4 flauti gemiti solleone tumbtumb [...] aromi zafferano catrame uovo fradicio cane bagnato [...] intensità ribollimento fermentare tuberosa imputridire sparpagliarsi furia morire disgregarsi pezzi briciole polvere eroismo [...] Sole = vulcano + 3000 bandiere corrida furia chirurgia lampade lampade lampade [...] le avanguardie sono divise da 20 metri confusione accanimento [...] in generale-isolotto in fondo al deserto staffette-cavallette sabbie-in-rivoluzione obici agitati come tribuni dalle alte nuvole [...] granata cancellazione grondare colare frana blocchi valanga [leggi tutto il testo]

Naturalmente furono accesi interventisti allo scoppio della prima guerra mondiale e talvolta si arruolarono volontari. Certo la borghesia liberale della lunga pace che aveva la guerra era tranquilla e talvolta meschina nei suoi costumi, nei suoi espliciti ideali di vita. A ciò appunto si ribellarono i futuristi; ma per liberarsi da esteti del passato, si comportarono da perfetti figlioli terribili della loro stessa classe sociale. E non a caso si ritrovarono poi tutti, sia pure in forme diverse, fascisti.

La guerra spazzò via definitivamente i costumi, le regole di vita, i gusti, gli atteggiamenti psicologici della borghesia ottocentesca. Per la prima volta l'Europa cede il suo antico primato e guarda all'America come ad un modello. In questi anni dopo la prima guerra mondiale si afferma su larga scala il mito della velocità e dell'automobile, già caro ai futuristi. Famoso è rimasto lo slogan futuristico che "è più bella un'automobile della Vittoria di Samotracia", cioè di una famosa e osannata statua greca. Quel mito si diffuse nel cinema, nella letteratura, nella vita quotidiana, destinato a durare a lungo, vivo ancor oggi. L'automobile, la velocità, la volontà di potenza, il compenso dalle infinite delusioni quotidiane, diventano esigenze primarie e ossessive. "C'è una Ford nel vostro futuro": il fordismo, in modi e gradi diversi, è l'ideologia futuristica della civiltà industriale moderna.