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Boccioni, Manifesto della scultura futurista

Boccioni: il ritmo particolare di ogni oggetto

Rompere la tradizione con lo sperimentalismo

 

Umberto BOCCIONI (1882-1916)

da Manifesto tecnico della scultura futurista (1912)

 

[...] Non vi può essere rinnovamento alcuno in un’arte se non ne vien rinnovata l’essenza, cioè la visione e la concezione della linea e delle masse che formano l’arabesco. Non è solo riproducendo gli aspetti esteriori della vita contemporanea che l’arte diventa espressione del proprio tempo, perciò la scultura come è stata intesa fino ad oggi dagli artisti del secolo passato e del presente è un mostruoso anacronismo!

La scultura non ha progredito, a causa della ristrettezza del campo assegnatole dal concetto accademico del nudo. Un’arte che ha bisogno di spogliare interamente un uomo o una donna per cominciare la sua funzione emotiva è un’arte morta! La pittura s’è rinsanguata, approfondita e allargata mediante il paesaggio e l’ambiente fatti simultaneamente agire sulla figura umana o su gli oggetti, giungendo alla nostra futurista compenetrazione dei piani (Manifesto tecnico della Pittura futurista, 11 aprile 1910). Così la scultura troverà nuova sorgente di emozione, quindi di stile, estendendo la sua plastica a quello che la nostra rozzezza barbara ci ha fatto fino ad oggi considerare come suddiviso, impalpabile, quindi inesprimibile plasticamente.

Il nudo come simbolo del classicismo, e dunque del vecchio, è avvicinato ai luoghi comuni che nutrono tanta parte della letteratura, nelle parole del Manifesto tecnico della Pittura futurista: Noi combattiamo contro il nudo in pittura, altrettanto stucchevole ed opprimente quanto l’adulterio nella letteratura”.

Noi dobbiamo partire dal nucleo centrale dell’oggetto che si vuol creare, per scoprire le nuove leggi cioè le nuove forme che lo legano invisibilmente ma matematicamente all’infinito plastico apparente e all’infinito plastico interiore. La nuova plastica sarà dunque la traduzione nel gesso, nel bronzo, nel vetro, nel legno e in qualsiasi altra materia, dei piani atmosferici che legano e intersecano le cose. Questa visione che io ho chiamato trascendentalismo fisico (Conferenza sulla Pittura futurista al Circolo Artistico di Roma, maggio 1911) potrà rendere plastiche le simpatie e le affinità misteriose che creano le reciproche influenze formali dei piani degli oggetti.

La scultura deve quindi far vivere gli oggetti rendendo sensibile, sistematico e plastico il loro prolungamento nello spazio, poiché nessuno può più dubitare che un oggetto finisca dove un altro comincia e non v’è cosa che circondi il nostro corpo: bottiglia, automobile, casa, albero, strada, che non lo tagli e non lo sezioni con un arabesco di curve e di rette.

Un’analoga riflessione compare anche nella prefazione al Catalogo della Prima esposizione di Pittura futurista (1912), che afferma: noi interpretiamo la natura dando sulla tela queste linee come i principii o i prolungamenti dei ritmi che gli oggetti imprimono alla nostra sensibilità”.

[...] In scultura come in pittura non si può rinnovare se non cercando lo stile del movimento, cioè rendendo sistematico e definitivo come sintesi quello che l’impressionismo ha dato come frammentario, accidentale, quindi analitico. E questa sistematizzazione delle vibrazioni delle luci e delle compenetrazioni dei piani produrrà la scultura futurista, il cui fondamento sarà architettonico, non soltanto come costruzione di masse, ma in modo che il blocco scultorio abbia in sé gli elementi architettonici dell’ambiente scultorio in cui vive il soggetto.

Naturalmente, noi daremo una scultura d’ambiente.

Una composizione scultoria futurista avrà in sé i meravigliosi elementi matematici e geometrici che compongono gli oggetti del nostro tempo. E questi oggetti non saranno vicini alla statua come attributi esplicativi o elementi decorativi staccati, ma, seguendo le leggi di una nuova concezione dell’armonia, saranno incastrati nelle linee muscolari di un corpo. Così, dall’ascella di un meccanico potrà uscire la ruota d’un congegno, così la linea di un tavolo potrà tagliare la testa di chi legge, e il libro sezionare col suo ventaglio di pagine lo stomaco del lettore.

Altrove, questo concetto è illustrato come sensazione dinamica, che accoglie il ritmo particolare di ogni oggetto, la sua tendenza, il suo movimento, o per dir meglio la sua forza interna”.

Tradizionalmente, la statua si intaglia e si delinea sullo sfondo atmosferico dell’ambiente in cui è esposta: la pittura futurista ha superata questa concezione della continuità ritmica delle linee in una figura e dell’isolamento di essa dal fondo e dallo spazio avviluppante invisibile. “La poesia futurista – secondo il poeta Marinetti – dopo aver distrutto la metrica tradizionale e creato il verso libero, distrugge ora la sintassi e il periodo latino. La poesia futurista è una corrente spontanea ininterrotta di analogie, ognuna riassunta intuitivamente nel sostantivo essenziale. Dunque, immaginazione senza fili e parole in libertà”. La musica futurista di Balilla Pratella infrange la tirannia cronometrica del ritmo.

Perché la scultura dovrebbe rimanere indietro, legata a leggi che nessuno ha il diritto di imporle? Rovesciamo tutto, dunque, e proclamiamo l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa. Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente. Proclamiamo che l’ambiente deve far parte del blocco plastico come un mondo a sé e con leggi proprie; che il marciapiede può salire sulla vostra tavola e che la vostra testa può attraversare la strada mentre tra una casa e l’altra la vostra lampada allaccia la sua ragnatela di raggi di gesso.

Proclamiamo che tutto il mondo apparente deve precipitarsi su di noi, amalgamandosi, creando un’armonia colla sola misura dell’intuizione creativa; che una gamba, un braccio o un oggetto, non avendo importanza se non come elementi del ritmo plastico, possono essere aboliti, non per imitare un frammento greco o romano, ma per ubbidire all’armonia che l’autore vuol creare. Un insieme scultorio, come un quadro, non può assomigliare che a sé stesso, poiché la figura e le cose devono vivere in arte al di fuori della logica fisionomica.

Così una figura può essere vestita in un braccio e nuda nell’altro, e le diverse linee d’un vaso di fiori possono rincorrersi agilmente fra le linee del cappello e quelle del collo.

Così dei piani trasparenti, dei vetri, delle lastre di metallo, dei fili, delle luci elettriche esterne o interne potranno indicare i piani, le tendenze, i toni, i semitoni di una nuova realtà.

Così una nuova intuitiva colorazione di bianco, di grigio, di nero, può aumentare la forza emotiva dei piani, mentre la nota di un piano colorato accentuerà con violenza il significato astratto del fatto plastico!

Nel Manifesto della Pittura futurista si parla a questo proposito di ambiente emotivo della creazione artistica, sintesi dei diversi ritmi astratti di ogni oggetto, da cui scaturisce una fonte di lirismo fino ad oggi ignorata”.

Ciò che abbiamo detto sulle linee-forza in pittura (Prefazione-manifesto al catalogo della Iª Esposizione futurista di Parigi, ottobre 1911) può dirsi anche per la scultura, facendo vivere la linea muscolare statica nella linea-forza dinamica. In questa linea muscolare predominerà la linea retta, che è la sola corrispondente alla semplicità interna della sintesi che noi contrapponiamo al barocchismo esterno dell’analisi.

Ma la linea retta non ci condurrà alla imitazione degli egizi, dei primitivi o dei selvaggi, come qualche scultore moderno ha disperatamente tentato per liberarsi dal greco. La nostra linea retta sarà viva e palpitante; si presterà a tutte le necessità delle infinite espressioni della materia, e la sua nuda severità fondamentale sarà il simbolo della severità di acciaio delle linee del macchinario moderno.

L’oggetto artistico risulta quindi essere un insieme di linee-forza, delle quali la nostra intuizione coglie la continuità; nella scultura, la linea-forza dinamica è ciò che permette il prendere forma dell’impressione senza amputare l’oggetto o isolarlo dal solo elemento che lo nutre: la vita, cioè il moto”.

Possiamo infine affermare che nella scultura l’artista non deve indietreggiare davanti a nessun mezzo pur di ottenere una realtà. Nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall’arte che esercitiamo. Non v’è né pittura, né scultura, né musica, né poesia, non v’è che una creazione! Quindi se una composizione sente il bisogno d’un ritmo speciale di movimento che aiuti o contrasti il ritmo fermato dell’insieme scultorio (necessità dell’opera d’arte) si potrà applicarvi un qualsiasi congegno che possa dare un movimento ritmico adeguato a dei piani o a delle linee.

Anche nella scultura, che più di ogni altra forma artistica corre il rischio di cristallizzarsi in canoni e forme statiche, è possibile dunque esprimere la nuova bellezza del mondo: il movimento, il ritmo, la velocità. È il concetto stigmatizzato nel Manifesto del Futurismo: “un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia”.

Non possiamo dimenticare che il tic-tac e le sfere in moto di un orologio, che l’entrata o l’uscita di uno stantuffo in un cilindro, che l’aprirsi e il chiudersi di due ruote dentate con l’apparire e lo scomparire continuo dei loro rettangoletti di acciaio, che la furia di un volante o il turbine di un’elica, sono tutti elementi plastici e pittorici, di cui un’opera scultoria futurista deve valersi. L’aprirsi e il richiudersi di una valvola crea un ritmo altrettanto bello ma infinitamente più nuovo di quello di una palpebra animale!