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Platone, La prova dell’anamnesi

Platone: sempre è nella nostra anima la verità

Il giovane schiavo e il teorema di Pitagora

 

Platone (427-347 a.C.)
dal Menone, 81E-86C

 

Dimostrazione della dottrina dell’anamnesi mediante l’interrogazio­ne di uno schiavo

Menone - Sì, o Socrate: ma in che senso tu dici che noi non apprendiamo, ma che ciò che noi chiamiamo apprendimento è reminiscenza? Sapresti insegnarmi che è veramente così?

Socrate - Già prima dicevo, o Menone, che sei un furbacchione: ora mi domandi se so insegnarti, proprio mentre sto dicendo che non c’è insegnamento ma reminiscenza, evidentemente per farmi subito appa­rire in contraddizione con me stesso.

Menone - No, per Zeus, o Socrate, non l’ho detto con questo scopo, ma solo per abitudine. Se, però, in qualche modo mi puoi dimostrare che la cosa sta cosí come dici, dimostramelo.

Socrate - Ma non è facile! Tuttavia, per te, sono disposto a farlo. Chiamami un po’ uno dei tuoi numerosi servi che son qui, quello che vuoi tu affinché su di lui ti possa dare la dimostrazione.

Menone - Certo. Vieni qui, ragazzo!

Socrate - È greco e parla greco?

Menone - Sì, perfettamente. È nato in casa.

Socrate - Fa’ bene attenzione, se ti sembra che si ricordi o che impari da me.

Menone  - Farò attenzione.

Primo momento dell’esperimento maieutico

Socrate - Dimmi un po’, ragazzo, sai che questa qui è un’area quadrata (abcd)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Il quadrato è dunque una superficie che ha uguali tutti questi lati, che sono quattro (ab, bc, cd, da).

Ragazzo - Certamente.

Socrate - E non ha forse uguali anche queste linee qui, che lo attra­versano nel mezzo (ac, bd)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E non potrebbe esserci forse una superficie come questa e più grande e più piccola?

Ragazzo - Certamente.

Socrate - Se dunque questo lato (ab) fosse di due piedi, e anche questo (bc) di due, di quanti piedi sarebbe l’intero? Fa’ questa considerazione: se da questa parte (ab)fosse di due piedi quest’altra (bc) di uno solo, la superficie non sarebbe forse di una volta due piedi?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Ma, poiché anche da questa parte (bc)è di due piedi, non diventa di due volte due piedi?

Ragazzo - Sì, diventa.

Socrate - Diventa, perciò, di due volte due piedi?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E quanti sono, allora, due volte due piedi? Fa’ il conto e dillo.

Ragazzo - Quattro, o Socrate.

Socrate - E non potrebbe darsi un’altra superficie doppia di questa, ma tale da avere tutti i lati eguali come questa?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Di quanti piedi sarà dunque?

Ragazzo - Di otto.

Socrate - E ora cerca di dirmi di quanto sarà ciascun lato di essa. Il lato di questa è di due piedi: e, allora, di quanto sarà quello di quella doppia?

Ragazzo - È chiaro, o Socrate, che sarà doppio.

Socrate - Vedi, o Menone, che io non gli insegno, ma che lo interrogo su ogni cosa? Ed ora, costui ritiene di sapere quale sia il lato dal quale deriverà l’­area di otto piedi; o non ti sembra?

Menone - A me sì.

Socrate -  E lo sa, dunque?

Menone - Per nulla.

Socrate - Però ritiene che derivi dal lato doppio.

Menone - Sì.

Secondo momento dell’esperimento maieutico

Socrate - Osserva come verrà via via ricordandosi, come appunto deve ricordarsi.
E tu dimmi: dal lato doppio, dici che ha origine la superficie doppia? E tale, dico, che non sia di qui lunga e di qui corta, ma che sia eguale da ogni parte come questa qui, però doppia di questa, ossia di otto piedi. Ma sta’ attento, se ti sembra ancora che possa derivare dal lato doppio.

Ragazzo - A me sì.

Socrate - E non diventa forse questo lato (ae)doppio di questo (ab), se ne aggiungiamo un altro come questo, da questa parte (be)?

Ragazzo - Certamente.

Socrate - Da questo (ae), dici tu, deriverà la superficie di otto piedi, quando si tracceranno quattro lati come questi.

Ragazzo - Sì.

Socrate - Disegniamo, allora, a partire da questo, quattro lati eguali. È, oppure no, questa, la superficie (aegi), che tu affermi essere di otto piedi?

Ragazzo - Esattamente.

Socrate - Ma in questa superficie non ci sono forse queste quattro qui (abcd, befc, cfgh, dchi), delle quali ognuna è uguale a questa di quattro piedi (abcd)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E quanto diventa allora? Non diventa quattro volte questa?

Ragazzo - E come no?

Socrate - E allora, è il doppio quattro volte tanto?

Ragazzo - No, per Zeus.

Socrate - Ma quante volte?

Ragazzo - Quadruplo.

Socrate - Dunque, dal lato doppio, o ragazzo, non deriva una superficie doppia ma quadrupla.

Ragazzo - Dici il vero.

Socrate -  E quattro volte quattro, fanno sedici o no?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E allora, quella di otto piedi da quale lato? Non se ne ottiene da questo (ae) una quadrupla?

Ragazzo - Sì, lo dico.

Socrate -  E quella di quattro, dalla metà di questo qui (ae)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Ebbene, l’area di otto piedi non è forse doppia di questa qui (abcd), e metà di quest’altra (aegi)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E allora, non deriverà da un lato maggiore rispetto a questo (ab), ma minore rispetto a quest’altro (ae); o no?

Ragazzo - Così mi pare.

Socrate - Bene: quello che a te sembra devi rispondere. E dimmi: questo lato (ab)non era di due piedi e quest’altro (ae)di quattro?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Bisogna allora che il lato della superficie di otto piedi sia maggiore di questo di due, ma minore di quello di quattro.

Ragazzo - Bisogna.

Socrate - Cerca allora di dire di che lunghezza tu affermi che esso debba essere.

Ragazzo - Di tre piedi.

Socrate - Se dev’essere di tre piedi, aggiungiamo dunque a questo lato (ab)la metà di questo (ah), e avremo i tre piedi (ah). Questi sono due piedi (ab)e questo uno (bh). Alla stessa maniera, a partire di qua si ottengono due piedi (ab) più un piede (dc). Ne deriva, così, l’arca che tu dici (ahil).

Ragazzo - Sì.

Socrate - Ma se da questa parte (ah) è di tre, e da quest’altra (hi) di tre, l’intera superficie non diventa di tre volte tre piedi?

Ragazzo - Sembra.

Socrate - E tre volte tre, quante volte sono?

Ragazzo - Nove.

Socrate - E il doppio, di quanti piedi doveva essere?

Ragazzo - Otto.

Socrate - Dal lato di tre piedi non deriva per nulla la superficie di otto.

Ragazzo - No, certo.

Socrate - Ma allora da quale lato? Cerca di dircelo con esattezza: e se non vuoi fare calcoli, indicaci almeno da quale.

Ragazzo - Ma per Zeus, o Socrate, io non lo so.

Prime riflessioní di Socrate sull’esperimento maieutico

Socrate - Comprendi ora, o Menone, a che punto si trova attualmente nel processo del ricordare? Prima, cioè, non sapeva quale fosse il lato del quadrato di otto piedi, come del resto neppure ora lo sa; tuttavia, allora credeva di saperlo, e rispondeva con sicurezza come se sapesse, e non riteneva di aver dubbi; ora è convinto di aver dubbi e, come non sa, così neppure crede di sapere.

Menone - Dici il vero.

Socrate - Non si trova dunque, ora, in una situazione migliore, relativamente alla cosa che non sapeva?

Menone - Anche questo mi pare.

Socrate - Avendolo fatto dubitare, pertanto, e avendolo fatto intorpidire come fa la torpedine, gli abbiamo forse nuociuto?

Menone - Non mi pare.

Socrate - Dunque, come sembra, gli abbiamo recato giovamento al fine della ricerca del come stia effettivamente la cosa. Ora, infatti, ricercherebbe anche di buon grado dal mo­mento che non sa; mentre allora, facilmente, di fronte a molti e spesso, avrebbe creduto di dire bene, affermando che, per ottenere una superficie doppia, bisogna prendere il lato doppio in lunghezza.

Menone - Sembra.

Socrate - Credi, dunque, che egli si sarebbe messo a cercare o ad imparare ciò che egli riteneva di sapere non sapendolo, prima che fosse caduto nel dubbio ritenendo di non sapere, e che avesse desiderato di conoscere?

Menone - Non mi pare, o Socrate.

Socrate - Dunque, l’intorpidimento gli ha giovato?

Menone - Mi sembra.

Socrate - Osserva, ora, da questo dubbio come scoprirà la verità, ricer­cando insieme a me, mentre io non farò altro che interrogarlo, senza inse­gnargli. E fa’ bene attenzione che tu non mi colga ad insegnargli o a spiegargli, e non solo ad interrogarlo intorno alle sue convinzioni.

Terzo momento dell’esperimento maieutico

Socrate - Dimmi, dunque: non è di quattro piedi questa superficie (abcd)? Comprendi?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Potremmo aggiungere ad essa quest’altra eguale (befc)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E quest’altra terza, uguale a ciascuna di queste (cfgh)?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E non potremmo anche completare la figura in questo angolo (dchi)?

Ragazzo - Certamente.

Socrate - E non risulteranno queste quattro superfici eguali?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E, allora, tutto questo intero (aegi), quante volte diventa più grande di questo (abcd)?

Ragazzo - Quattro volte.

Socrate - Per noi. invece, doveva essere il doppio; o non ricordi?

Ragazzo - Certamente.

Socrate - E questa linea tracciata da un angolo all’altro (bd, bf, fh, hd), non viene forse a dividere a metà ciascuna di queste superfici?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Non si ottengono, dunque, queste quattro linee uguali racchiudenti quest’area qui (bfhd)?

Ragazzo - Sì, si ottengono.

Socrate - Considera allora: quanto grande è questa superficie (bfhd)?

Ragazzo - Non lo so.

Socrate ‑Di questi quadrati, che sono quattro, ciascuna linea non ha tagliato internamente la metà di ciascuno? O no?

Ragazzo - Sì.

Socrate - E quante ve ne sono di queste metà in questa figura (bfhd)?

Ragazzo - Quattro.

Socrate - E quante in quest’altra (abcd)?

Ragazzo - Due.

Socrate - E il quattro che cos’è rispetto al due?

Ragazzo - Il doppio.

Socrate - Questa superficie, dunque, di quanti piedi diventa?

Ragazzo - Di otto piedi.

Socrate - Da quale linea?

Ragazzo - Da questa (db).

Socrate - Da quella che abbiamo tracciata da un angolo all’altro del quadrato di otto piedi?

Ragazzo - Sì.

Socrate - Coloro che se ne intendono chiamano questa linea diagonale; sicché, se essa ha nome diagonale, allora dalla diagonale, come tu dici, o ragazzo di Menone, si può ottenere l’area doppia.

Ragazzo - Certamente, o Socrate.

Riflessioni teoretiche conclusive sull’esperimento

Socrate - Che cosa ti sembra, o Menone? C’è qualche pensiero da lui espresso che non sia suo?

Menone - No, tutti suoi.

Socrate - Eppure non sapeva, come dicevamo poco fa.

Menone - Dici il vero.

Socrate - E c’erano in lui questi pensieri o no?

Menone - Sì.

Socrate - Dunque, in chi non sa, intorno alle cose che non sa, vi sono opinioni vere che ad esse si riferiscono?

Menone - Sembra.

Socrate - Ora in lui, come un sogno, sono state suscitate queste opinioni; e, interrogandolo di nuovo più volte e in molti modi su queste stesse cose, sta’ certo che finirà per sapere con precisione, sulle medesime, non meno esattamente di ogni altro.

Menone - Pare di sì.

Socrate -  Dunque, egli saprà senza che nessuno gli insegni, ma solo che lo interroghi, traendo egli stesso la scienza da se medesimo.

Ragazzo - Sì.

Socrate - E questo trarre la scienza di dentro a sé, non è ricordare?

Menone - Certamente.

Socrate - E la scienza che ora egli possiede, o la imparò un tempo o la possedette sempre.

Menone - Sì.

Socrate -  Dunque, se la possedette sempre, fu anche sempre conoscente; e se, invece, l’ha appresa in un tempo, non poté certo averla appresa nella presente vita. Oppure gli insegnò qualcuno geometria? Costui, infatti, farà lo stesso per tutta la geometria, e per tutte quante le altre scienze. C’è, forse, uno che gli abbia insegnato tutto? A buon diritto tu devi saperlo: non per altro, perché è nato ed è stato allevato in casa tua.

Menone - Ma lo so che nessuno gli ha mai fornito insegnamenti.

Socrate - Ed ha o non ha queste conoscenze?

Menone -  Necessariamente, o Socrate, sembra.

Socrate - Allora, se non le ha ac­quistate nella presente vita, questo non è ormai evidente, ossia che le ebbe e le apprese in un altro tempo?

Menone - È chiaro.

Socrate - E non è forse questo il tempo in cui egli non era uomo?

Menone - Sì.

Socrate - Se, allora, e nel tempo in cui è uomo e nel tempo in cui non lo è, vi sono in lui opinioni vere, le quali, risvegliate mediante l’interrogazione diventano conoscenze, l’anima di lui non sarà stata in possesso del sapere sempre, in ogni tempo? È evidente, infatti, che, nel corso di tutto quanto il tempo, talora è e talora non è uomo.

Menone - È chiaro.

Socrate - Se, dunque, sempre la verità degli esseri è nella nostra anima, l’anima dovrà essere immortale. Sicché bisogna mettersi con fiducia a ricercare ed a ricordare ciò che attualmente non si sa: questo è infatti ciò che non si ricorda.

Menone - Mi sembra che tu dica bene, o Socrate, ma non so come.

Socrate - E sembra anche a me, o Menone. E per quanto riguarda le altre cose, sopra questo discorso non vorrei troppo insistere; ma che, col credere che si debba far ricerca delle cose che non si sanno, diventiamo migliori, più forti e meno inetti, che non se credessimo che sia impossibile trovare ciò che non sappiamo, e che quindi non se ne debba fare ricerca, per questo io vorrei combattere, se ne fossi capace, con la parola e con l’azione.

Menone - Anche questo, o Socrate, mi sembra che tu dica bene.

(traduz. di Giovanni Reale, in Platone, Tutti gli scritti, Milano, Rusconi, 1992, pp. 950-954)