sequenza

Categoria: Musicologia
Ultima modifica il Domenica, 24 Febbraio 2013 10:47
Pubblicato Mercoledì, 24 Settembre 2008 10:43
Scritto da quomodo
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Prende il nome di sequenza una forma del canto liturgico latino, collocata solitamente nella messa festiva dopo il canto dell’alleluia, di cui costituisce un ampliamento emotivo e concettuale, prima dell’intonazione del vangelo.

Considerando il fatto che le origini storiche remote della sequenza sono ancora largamente in discussione, si può dire che inizialmente si dava il nome di sequentia a un melisma sostitutivo di uno jubilus alleluiatico; a partire dal sec. IX questi lunghi melismi puramente musicali furono dotati di testi di nuova invenzione (prosae), forse per ragioni di carattere mnemotecnico come nei ►tropi (non va dimenticato che fino a quell’epoca non esisteva un sistema di scrittura musicale, e quindi tutte le melodie dovevano venir tramandate a memoria da maestro a discepolo).

Le prime informazioni dirette sul genere poetico-musicale sono contenute nel proemio al Liber hymnorum (c.860) del monaco Notker Balbulus di San Gallo, il quale afferma di aver appreso da un vecchio monaco di Jumiège a inserire nuove parole sui melismi della sillaba finale -ia della parola alleluia, e di aver ampliato il sistema, componendo prose di invenzione anche per i melismi delle sillabe -le e -lu. Formalmente si trattava di prose ritmiche (sul tipo dei salmi), ricche di assonanze e clausole retoriche, modellate sulla linea melodica preesistente.

Caratteristica dominante della sequenza fu comunque, fin dal principio, la presenza di un numero variabile di strofe costituite da coppie (copulae) di frasi testuali consecutive di struttura identica, sottoposte alla medesima frase melodica ripetuta, mentre rimaneva isolata di solito la prima strofa (talora anche altre sparse, ma senza schemi precisi di collocazione), secondo il modello generale A, BB, CC, etc. Il principio musicale di ripetizione coinvolse in progresso gli elementi testuali, conducendo anch’essi alla corrispondenza tra strofe parallele, che divennero uguali per lunghezza, accento, finale (assonanze e omoteleuti), e perfino contenuti concettuali.

Nel corso dei sec. X-XII si avvia un processo di normalizzazione, che conferma una tendenza all’aumento progressivo del numero di sillabe e incisi fino a un culmine e una conseguente diminuzione, in una specie di ricercato climax e anti-climax, evidente sia nel testo che nella estensione verticale della linea melodica spinta verso l’acuto. Contemporaneamente si accentua la tendenza alla generalizzazione della copula (da cui la cobla dei trovatori), alla costruzione regolare della strofa e, forse anche per influsso dell’inno, alla assunzione di caratteri metrici precisi (ritmi giambici e soprattutto trocaici), senza perdere però la caratteristica principale che distingue la sequenza dall’inno, ossia la linea melodica (e talora la forma metrica) differente per ogni coppia di strofe (l’inno invece conserva l’identica melodia per tutto il testo).

Il modello maturo della sequenza, corrispondente a quello ora descritto, è talora definito il ‘tipo vittorino’, dal monastero agostiniano di Saint Victor a Parigi, dal quale uscirono molti esemplari di sequenze in questa forma.

In un’epoca in cui i repertori liturgici antichi erano ormai fissati da regole rituali che proibivano ogni modificazioni, le sequenze rappresentarono così uno dei campi più produttivi per l’esercizio della creatività testuale e musicale, tanto che molti monasteri e cattedrali ne composero anche più d’una per ogni ricorrenza liturgica e devozionale dell’anno. Si arrivò a contarne circa 5000, di cui però solo 150 erano accolte nei messali ufficiali.

Il concilio di Trento, nella sua ansia di riforma e centralizzazione del culto, tagliò senza pietà tutto il ricchissimo patrimonio creativo delle sequenze, al punto che il messale di Pio V (1570) alla fine ne ammise solo quattro: Victime paschali (Wipo?, sec. XI) per il giorno di Pasqua, Veni Sancte Spiritus (Innocenzo III?) per la Pentecoste, Lauda Sion (Tommaso d’Aquino) per il Corpus Domini, Dies irae (Tommaso da Celano?) per la messa dei defunti; nel 1727 fun reintrodotto anche lo Stabat Mater (Jacopone da Todi?) in onore della Madonna addolorata. Queste sequenze, soprattutto le due ultime, sono state oggetto di composizioni musicali di grande risonanza da parte di moltissimi compositori dell’età rinascimentale e moderna.

 


Per approfondire

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<WIPO>, “Victimae paschali”, sequenza di Pasqua (sec. XI) (tc)

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<INNOCENZO III>, “Veni Sancte Spiritus”, sequenza di Pentecoste (sec. XIII) (tc)

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<TOMMASO da Celano>, “Dies irae”, sequenza per i defunti (sec. XIII) (tc)

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TOMMASO d’Aquino, “Lauda Sion”, sequenza del Corpus Domini (sec. XIII) (tc)

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