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salmo

Il libro biblico dei Salmi (psalmói in greco, psalmi in latino) o Salterio (Psalterium) dal nome dello strumento a corde pizzicate o percosse che solitamente ne accompagnava l’esecuzione, è una complessa raccolta di 150 canti lirici e liturgici, suddivisa in cinque sezioni, sul modello dei primi 5 libri della Bibbia (la cosiddetta Torah o Pentateuco). È composto soprattutto da inni, lamentazioni collettive, lamentazioni individuali, salmi regali e canti individuali di ringraziamento; ma non mancano canti di pellegrinaggio, canti collettivi di ringraziamento, poesie sapienziali, liturgie della legge e profetiche, e generi misti.

Nel loro insieme i salmi riprendono in forma di preghiera un po’ tutti i grandi temi del Primo Testamento e le tappe principali della storia della salvezza. Tale raccolta si formò circa tra il IX e il II sec. a.C., fino a divenire, nella sua redazione finale, una specie di innario liturgico ufficiale del tempio di Gerusalemme negli ultimi periodi della sua esistenza.

Il culto cristiano, sull’esempio di quello ebraico, adottò fin dall’inizio l’uso di pregare con i salmi, dapprima nella traduzione greca cosiddetta dei LXX, poi in occidente su varie traduzioni latine. Girolamo ne preparò almeno tre versioni, di cui le principali prendono il nome rispettivamente di “Salterio romano”, usato solamente in San Pietro di Roma, e “Salterio gallicano”, adottato nella liturgia delle Gallie e poi confluito nella Vulgata. La numerazione dei salmi 10-146 è però diversa nel testo ebraico e in quello greco-latino: i salmi 9 e 10 dell’ebraico sono stati uniti in uno solo, e il 147 dell’ebraico è stato spezzato in due: ciò costringe a designare quasi tutti i salmi con due numeri d’ordine differenti (il numero della versione ebraica è quello superiore, che è preferito dalla tradizione protestante e dagli studiosi).

Dal punto di vista formale, l’unità metrica dei salmi, come di tutta la poesia biblica, è data dal verso, composto per lo più di 2 enunciati (bicolon), più raramente di 3 (tricolon). La misura del verso ebraico però non si basa sulla quantità sillabica (come per le lingue classiche, ►prosodia.1) e nemmeno sul cosiddetto isosillabismo (tipico delle lingue romanze in genere), ma sul ritmo dato da una certa combinazione di accenti tonici: gli schemi di base sono il cosiddetto ‘2 + 2’ (due parole accentuate per ogni emistichio), e il più comune ‘3 + 3’, nonché il cosiddetto ritmo elegiaco (o lamento) di schema ‘3 + 2’; ma esistono anche varie combinazioni di tali schemi.

Un altro elemento fondamentale della poesia ebraica, avvertibile anche nelle traduzioni, è il ►parallelismo.

Più problematico nella poesia salmica è individuare la suddivisione interna dei testi, che a volte è resa evidente dalla presenza di ritornelli (42/43); da un’antifona iniziale e finale (8); da elementi di carattere strutturale (107A). Meritano una menzione particolare i carmi acrostici alfabetici, in cui i singoli versi o emistichi iniziano con parole disposte rigorosamente secondo l’ordine alfabetico (9/10; 25; 34; 37; 111; 112; 119; 145); in particolare il salmo 119 è composto da 22 ottave, una per ogni lettera dell’alfabeto ebraico, in ciascuna delle quali tutti i versi iniziano con la lettera corrispondente.

Al Salterio e alle sue strutture attinge in gran parte la liturgia cristiana, sia impiegando i salmi nella loro integrità, come nella Liturgia horarum dell’ufficio monastico e secolare (dove nel culto di una settimana si recitavano tutti i 150 salmi), sia centonandone i versetti in canti e preghiere di nuova composizione (►salmodia). Per comodità di impiego, alcuni gruppi di salmi di forma carattere e tematica coerente sono stati classificati dalla tradizione liturgica con denominazioni particolari:
• i 7 salmi penitenziali (6, 32, 38, 51, 102, 130, 143);
• i 15 salmi graduali o delle ascensioni (120-134);
• i salmi alleluiatici o di lode (hallel pasquale: 113-118; grande hallel: 135-136; piccolo hallel: 146-150).

Del resto, quasi tutti i libri biblici sia del Primo che del Nuovo Testamento contengono testi lirici in tutto simili ai salmi, che la tradizione liturgica cristiana, per distinguerli, definisce cantici. Sulla suggestione di salmi e cantici, la comunità cristiana fin dalle origini affiancò nel culto testi lirici appositamente composti: gli inni, da principio con lo stesso aspetto di prosa ritmica, che però ben presto, sulla scorta della tradizione poetica classica e in seguito romanza, assunsero caratteri isosillabici e quantitativi, e infine anche accentuativi.

Non va dimenticato che per tutto il corso del medioevo cristiano il libro dei Salmi fu considerato alla base della formazione linguistica e musicale nelle scuole cattedrali e monastiche (ma non solo), dove l’apprendimento a memoria di tutti i salmi costituiva la didattica della grammatica, ossia del latino, e il canto dei salmi la didattica della musica, nel senso del repertorio musicale delle singole istituzioni.

 


Per approfondire

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Salmo 148

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Canticum trium puerorum”, da Daniele 3, 52-90

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Te Deum laudamus, inno (fine sec. IV)

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