funzione fatica

Categoria: Linguistica
Ultima modifica il Lunedì, 01 Ottobre 2018 18:05
Pubblicato Lunedì, 22 Settembre 2008 13:30
Scritto da quomodo
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La funzione fàtica, nella teoria della comunicazione di Roman Jakobson (1963), si ha quando il messaggio è orientato prevalentemente sulla verifica del canale (o contatto) attraverso cui il mittente invia al destinatario il messaggio. Ne sono tipiche, ad es., locuzioni e interiezioni come “pronto? mi senti? capito? hm hm? ...”, che non servono a comunicare contenuti, ma esclusivamente per controllare se esiste la possibilità della comunicazione, cioè l’apertura del canale fisico o psicologico.

La funzione fàtica riguarda anche altre forme stereotipate di discorso, come i saluti (di incontro e di separazione), i convenevoli, gli auguri, le considerazioni sul tempo, ecc., che servono per la cosiddetta manutenzione del canale, cioè ad aprire, mantenere aperto o chiudere un contatto fra due o più interlocutori.

 

 Per approfondire

Roman JAKOBSON, 1963

Vi sono messaggi che servono essenzialmente a stabilire, prolungare o interrompere la comunicazione, a verificare se il canale funziona (“Pronto, mi senti?”), ad attirare l’attenzione dell’interlocutore o ad assicurarsi la sua continuità (“Allora, mi ascolti?” o, in stile shakespeariano, “Prestatemi orecchio!” – e, all’altro capo del filo, “Hm hm!”). Questa accentuazione del contatto può dare luogo ad uno scambio sovrabbondante di formule stereotipate, a interi dialoghi il cui unico scopo è di prolungare la comunicazione. Dorothy Parker ne ha sorpresi esempi eloquenti: «“Bene!” disse il giovane; “Bene!” essa rispose. “Bene, eccoci qui”, egli disse; “Eccoci qui, non è vero” essa rispose. “Direi proprio che ci siamo”, egli disse “Ooh. Eccoci qua”; “Bene!” essa disse. “Bene!” egli disse, “Bene!”»

 


Funzione fàtica nella letteratura

Eugène IONESCO, La cantatrice calva. Anticommedia (1950)

 


Funzione fàtica nelle immagini

- sguardi diretti, senza particolare connotazione emotiva
- volti che guardano altrove
- oggetti che tendono a uscire dal piano dell'immagine per entrare nel campo dell'osservatore