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fonosimbolismo

Il significante poetico talora non è direttamente connesso col suo specifico significato, e può assumere un significato autonomo, aggiuntivo, affidato al puro gioco delle sonorità delle parole, vere o inventate che siano.

In questo senso, il fonosimbolismo si attua non tanto nei casi in cui il significante fonetico pretende di imitare i suoni o i rumori della realtà extra linguistica (il che è affidato all’onomatopea), quanto piuttosto laddove i suoni o i ritmi sono impiegati secondo valori puramente simbolici o metaforici.

 


Esempi

• e quando ti corteggian liete | le nubi estive e i zefiri sereni | e quando pel nevoso aere inquiete | tenebre e lunghe all’universo meni... (Foscolo): la primavera è segnalata dalla prevalenza delle vocali cosiddette chiare (-e-, -i-), mentre l’inverno è caratterizzato dall’abbondanza delle vocali scure (-a-, -o-, -u-), con la -br- di tenebre che vi aggiunge un brivido.
- e mentre io guardo la tua pace dorme | quello spirto guerrier ch’entro mi rugge (Foscolo): l’allitterazione insistita della -r- rimanda al ruggito del leone appisolato cui i versi alludono.

ac tuba terribili sonitu taratantara dixit (Ennio): il ritmo dattilico (– UU) regolare e ripetitivo richiama all’orecchio l’incalzante galoppo dei cavalli, dal che il lettore trae l’impressione che il suonatore di tuba in quel momento stesse cavalcando, anche se ciò non è detto dalla semantica della parole (significato), bensì alluso dal loro suono (significante); analogamente l’allitterazione insistente di alcuni suoni (-t-, -r-, -u-) allude simbolicamente allo squillo della tromba (espresso in quanto tale dall’onomatopea taratantara).