Traduzione come auto-analisi

Categoria: a.s. 2010-11
Ultima modifica il Domenica, 22 Settembre 2013 20:02
Pubblicato Mercoledì, 10 Novembre 2010 02:00
Scritto da quomodo
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Ma in concreto, come si fa a usare una traduzione per identificare i tratti che appartengono al traduttore (quindi che appartengono a te, se il traduttore sei tu)?

• è relativamente semplice: se si pensa (sto un po’ semplificando, naturalmente) che la traduzione è all’incirca la somma di quel che dice il testo + quel che ci mette di suo il traduttore, allora per trovare quel che appartiene al traduttore, basta sottrarre dalla traduzione quel che dice il testo:

traduzione = testo + traduttore –> traduttore = traduzione – testo

• il metodo più efficace è quindi quello che io chiamo dell’ “uguale-diverso”, ossia:
1) identificare nella traduzione che cos’è uguale al testo
2) sottrarlo dalla traduzione
3) quel che rimane è diverso
4) a questo punto occorre porsi delle domande:
- che cosa è diverso?
- in cosa consiste la diversità?
- che cosa significa la diversità?

Facciamo un esempio dal carme 5 di Catullo:

Vivamus mea Lesbia atque amemus (v. 1)

trad. 1 - “viviamo mia Lesbia e amiamo”
a) uguale = nessuna differenza dal testo originale, quindi
b) diverso = nessuna presenza del pensiero del traduttore.

trad. 2 - “godiamo, o Lesbia, mia Lesbia, amiamo”
a) uguale = “mia Lesbia, amiamo” è uguale al testo, quindi non è interessante;
b) diverso = le differenze invece sono due:
- doppia presenza del vocativo = potrebbe indicare una forte sollecitazione del mittente alla destinataria, come se chi parla temesse che lei non sentisse o non fosse del tutto disposta ad accettare;
- vivamus tradotto “godiamo” = chi parla ha una immagine della vita come una specie di divertimento (magari contrapposto al concetto triste di vita che hanno i senes severiores del v. 2).

trad. 3 - “vita e amore a noi due, Lesbia mia”
a) uguale = “Lesbia mia” è simile al testo, anche se invertito e spostato alla fine, forse per dare rilievo alla donna;
b) diverso = la differenza sostanziale è che
- i due esortativi (vivamus, amemus) sono sostituiti da sostantivi (“vita, amore”)
- la persona grammaticale (1ª plurale) è sostituita dal pronome personale duale al dativo “a noi due”.
Come dicevo stamattina, il sostantivo esprime una entità, a differenza del verbo che esprime un processo; quindi, mentre il verbo racconta una storia nel tempo, il sostantivo esprime un’immagine statica e astratta (nella figura di stamattina, il sostantivo sarebbe il triangolo perfetto immaginato nella mente, e il verbo sarebbe l’atto di disegnare il triangolo imperfetto nella sabbia bagnata). Con questa sostituzione di sostantivi ai verbi il traduttore vuol forse sottolineare che pensa che Catullo in questa poesia intenda il vivere e l’amare come entità cristallizzate e perfette del pensiero, piuttosto che delle esperienze dell’esistenza concreta, soggette a nascita, crescita, invecchiamento e morte, come sono tutte le cose sottoposte al tempo e alla storia.

• le ragioni delle differenze, del resto, possono essere sia di tipo semantico (= di significato, o interpretazione del significato), ma anche formale (= di morfo-sintassi, nelle poesie soprattutto di metrica: ad es. le traduzioni 2 e 3 possono essere motivate tra l’altro dal fatto che i traduttori volevano comporre in italiano degli endecasillabi): tuttavia anche le ragioni formali possono essere rimandate a ragioni semantiche (mentre le ragioni semantiche non necessariamente rimandano a ragioni formali).

• ovvio che gli aspetti differenti delle due traduzioni qui sopra non appartengono esplicitamente alla poesia di Catullo, bensì alla interpretazione che ne dà chi l’ha tradotta in quel modo: il nostro compito, se mai, è di ritrovare (in questa o anche in altre poesie di Catullo) delle ragioni che possono giustificare ovvero smentire le interpretazioni che i due traduttori hanno dato di quel verso.