Ride male chi ride il primo

Categoria: a.s. 2010-11
Ultima modifica il Domenica, 22 Settembre 2013 19:56
Pubblicato Giovedì, 03 Febbraio 2011 11:26
Scritto da quomodo
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Prima la vita, poi la teoria, come insegna Seneca.

Ho visto facce perplesse ieri, al mio tentativo di mostrarvi che le correzioni bastonano l’orgoglio, ma alla fine possono essere assai più utili del silenzio per non umiliare: chi ride di te, non te lo dice; mentre chi te lo dice, non ride di te, ma ci tiene che tu stia attento a non farti deridere dagli altri (e allo stesso modo della derisione vale l’incomprensione o la contestazione).

Episodio (quasi) autentico: una persona femminile fa un blog, e lo intitola (dico per dire) “pinocarlo”, e compila minutamente il suo profilo, assegnandosi doverosamente il sesso “femmina” ed esponendo una sua bella foto di faccia con capelli e abito del tutto consoni. Cerco di far notare che un utente, sia che non conosca, sia (molto peggio) che conosca, potrebbe avere una reazione un po’ – diciamo così – straniata, al vedere una bella e cubitale intestazione a “PinoCarlo”, e subito sotto foto e genere non ben corrispondenti alla legittima aspettativa. Risposta: ma quello è il nome di una persona cara!

Riflessione: quello che tu hai nel tuo cuoricino, è tuo e non devi metterlo in piazza, né tanto meno puoi pretendere che gli altri lo leggano da soli (ci mancherebbe che gli altri ci leggessero nel cuoricino!) D’altra parte, non ha senso che tu ti esponga al ridicolo (o alla critica, o a qualunque altra forma di rifiuto), solo perché hai ignorato che effetto potrebbe fare sul destinatario il tuo modo disattento di comunicare qualcosa di te stesso (e non c’è bisogno che lo dica io cosa può succedere alla persona di cui sopra, specie se ha un ruolo pubblico).

Ma – ecco il punto – se sono io a farti notare che ti rendi ridicolo (o criticabile, o rifiutabile) con un certo modo di comunicare, ciò non significa che sono solo io in tutto il mondo che rido di te, poiché gli altri rideranno di certo facendo accuratamente in maniera che tu non lo sappia mai (e così farei io, se intendessi davvero deriderti); mentre io (per mestiere e per dovere) cerco di farti notare quel che gli altri non ti direbbero, perché tu almeno te ne possa rendere conto e possa provare a pensarci.

Alla fine, se deciderai che va bene così – cosa vuoi che ti dica? – continua a farlo, ma almeno saprai che immagine dài di te. Altrimenti, potrai tenere conto dei miei avvertimenti, e magari potrai provvedere a correggere o aggiustare quel che non funziona bene nella tua comunicazione, diventando più bravo a comunicare te stesso e le cose che pensi.

Questo sia quando comunichi cose di te, sia quando comunichi cose che non sono tue, perché in ogni caso la comunicazione che fai tu è una parte di te, e una parte davvero non poco importante, anche per le informazioni su te stesso che puoi ricavarne tu.