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Correzionale 3

Riprendiamo le correzioni in corso d’opera.

• le note bibliografiche vanno gestite bene: non ha molto senso usare lo stesso numero più volte, né tanto meno usare due numeri nella stessa sede. Il criterio più sensato suggerirebbe di mettere una nota per ogni porzione di testo ripresa da una fonte differente (dove per “fonte differente” nel nostro caso si può intendere anche pagine diverse della stessa fonte): in questo modo si evitano tre o quattro note esattamente identiche, una sotto l’altra.
Ricordo che i rimandi bibliografici vanno fatti nella forma «COGNOME, data, pagina», non in altri modi. Quindi una nota per ogni testo, e una per ogni pagina dello stesso testo.
Se poi un paragrafo intero è tratto dalla medesima fonte, allora si può dargli un titolo proprio, e al titolo aggiungere una nota del tipo: «Il presente paragrafo è tratto da ...», seguito dal rimando bibliografico nella forma come sopra.

• i testi-oggetto, come già ripetuto più volte, vanno identificati col nome e cognome dell’autore, seguito dal titolo dell’opera, seguito a sua volta dal rimando al brano scelto (nel nostro caso, atto e scena del dramma da cui il brano è tratto): l’ordine deve essere per forza questo, dato che concettualmente (e storicamente) prima viene l’autore, poi l’opera, poi il brano! (o no?); ogni altro ordine è un po’ stupidino.
Quanto alla formattazione del testo-oggetto, evitare il tutto corsivo (il corsivo non è facile da leggere come il tondo, specie se il testo è lungo; e in ogni caso va riservato alle sottolineature di tipo metalinguistico, come ho già detto e ridetto e ridetto un sacco di volte). L’ideale è usare un corpo un po’ più piccolo del testo-soggetto (ad es. un 10pt contro 12pt), e magari una marginatura sinistra rientrata di 0,5 o 1 cm).
NB: non impaginare i testi in prosa con gli a-capo manuali a mezza riga: ciò fa credere al lettore che si tratti di una poesia, ma quando si accorge che non lo è, pensa subito che l’autore della tesina lo ha stupidamente raggirato (della serie: evitare scrupolosamente i “messaggi ingannevoli”).

• vedo che qualcuno usa la doppia parentesi acuta (<< >>) al posto delle virgolette caporali (« »): a me pare un uso un po’ dozzinale. Le caporali possono essere introdotte dal menu “Inserisci, Simbolo” (selezionandole poi dalla tabella dei caratteri), oppure col tastierino numerico digitando ALT+0171 (aperte) e ALT+0187 (chiuse).

• ancora un suggerimento di tipo grafico (anzi “dattilografico”): ricordare che tutte le punteggiature (virgola, punto, due punti, punto e virgola) vanno attaccate alla parola precedente e staccate da quella seguente, tranne quelle che hanno la doppia forma aperta-chiusa (parentesi, apici, virgolette di tutti i tipi): in questo caso la forma aperta va attaccata alla parola seguente e staccata da quella precedente.
Fanno eccezione l’apostrofo dell’articolo (e preposizione articolata), che deve essere attaccato sia alla parola precedente che a quella successiva senza spazi in mezzo, e il trattino, che invece – per essere pignoletti e precisini – va staccato sia dalla parola precedente che da quella successiva.
Di tutti questi usi avete gli esempi in questa stessa spiegazione!

• abbiate cura anche, prima di stampare definitivamente il vostro testo, di togliere tutti gli spazi doppi o tripli che avete eventualmente inserito, i quali creano in fase di impaginazione dei brutti spazi fra le parole. Per fare rapidamente l’operazione, fate un “Trova e sostituisci” di due spazi con uno in tutto il vostro testo, ripetendolo tre o quattro volte, finché il programma vi dà “0 sostituzioni”.

• vorrei anche che fosse chiaro che non avete il diritto di chiamare “analisi” un riassunto, perché sono due testi di natura e di tipo completamente diversi: il riassunto di per sé è superfluo in una tesina, poiché è ovvio che voi conoscete la trama, e non è indispensabile immaginare che il lettore non la conosca (al massimo si possono sintetizzare i termini del brano che avete scelto, per aiutare a capire in cosa consiste la vostra analisi, soprattutto se è orientata al contenuto più che alla forma); l’analisi invece è un’altra cosa: seleziona alcuni aspetti del testo (formali, concettuali, contenutistici, storico-culturali, ...) e li mette in evidenza, con l’aiuto delle fonti bibliografiche di cui vi siete avvalsi.
In ogni caso, se nella sezione che chiamate analisi c’è solo un semplice riassunto, il mandato non l’avete svolto!

• una bibliografia ragionata si distingue da una bibliografia perché la seconda è un semplice elenco dei testi utilizzati come fonti informative, mentre la prima segnala sinteticamente per ciascun testo il valore per la analisi e l’uso che se ne è fatto nel testo: è un modo di valorizzare (e documentare) il lavoro di ricerca bibliografica, che era comunque obbligatorio.
NB: se non spieghi esplicitamente che uso hai fatto dei testi, la tua NON è una bibliografia ragionata!

• un’altra cosa che non capisco (una delle tante!) è la frequente tendenza che noto nei vostri scritti a cambiare improvvisamente tempi verbali nel corso della narrazione: se decidete (e si può anche farlo) di usare un presente storico, allora che presente storico sia per tutto il racconto; se propendete per il passato remoto, allora usate quello per tutto il testo della narrazione; altrimenti vien fuori una zuppa, che il povero lettore non capisce più se è oggi o se è già domani...

• non cesso (!) di ammirare l’estro con cui avete l’ardire di definire i brani da voi scelti come oggetto di analisi nella tesina: «pezzi, spezzi, spezzoni, spezzatini, brandelli, tratti, estratti, estrapolli, ritagliamenti, ...». Chissà perché, ma a me, più ci penso, più mi viene in mente sempre e solo “brani” (sarà che manco patologicamente di fantasia).

• forse (anzi sicuramente) l’ho già detto, ma siccome voi questo errore lo fate continuamente, lo ripeterò ancora una volta: quando il vostro testo non è scritto con un linguaggio che appartenga a voi, si capisce benissimo che non potete averlo scritto voi (“non è farina del tuo sacco!”). In questo caso l’obbligo etico, prima ancora che filologico, è quello di segnalare in modo onesto e chiaro che ciò che state scrivendo non è opera vostra né nel contenuto, né nella forma: e questa segnalazione viene fatta mettendo il testo non vostro tra virgolette, e il rimando bibliografico “COGNOME, data, pagina” in nota (o tra parentesi accanto alla trascrizione virgolettata).
Se invece il contenuto del vostro testo viene dalla bibliografia, mentre la forma è una vostra riealborazione (o una parafrasi) della fonte, basta la nota (o il rimando tra parentesi), senza le virgolette.

• torniamo alle mie idiosincrasie: gli articoli al principio dei titoli vanno messi solo se non compromettono la costruzione delle preposizioni articolate.
Ad es.: Il Pastor fido va bene tutte le volte che va bene l’articolo “il” all’inizio del titolo; ma quando precedono le preposizioniin/di”, allora l’articolo finisce in quelle, e si toglie dal titolo: «nel Pastor fido, del Pastor fido» (non certo «ne Il Pastor fido, de Il Pastor fido»).
Altro caso è quello delle altre preposizioni: «dal/col Pastor fido» equivalgono tranquillamente a «da/con Il Pastor fido».
Ma le preposizioni ne e de in italiano NON esistono!

• esempio di ridondanza (ripetizione inutile) delle informazioni:
«“Io dormirò tranquillo...” (C. Eastwood, Il buono, il brutto e il cattivo, 1966, regia di Sergio Leone). La parola contenuta in questa frase detta da Clint Eastwood nel film “Il buono, il brutto e il cattivo”...».
Intanto è inutile mettere due volte di seguito a distanza di mezza riga il rimando al film; bastava dire: «“Io dormirò tranquillo...”. La parola contenuta in questa frase, detta da Clint Eastwood nel film Il buono, il brutto e il cattivo (regia di Sergio Leone, 1966)».
È inutile anche usare sia le virgolette che il corsivo per il titolo: un titolo di unità superiore (come può essere quello di un film) va in corsivo (o comunque si possono usare solo le virgolette: non tutti e due).
Inoltre non è corretto considerare il personaggio del film come autore delle battute: nessuno si sognerebbe di dire, per es., «“Essere o non essere” (Amleto)»: ovviamente l’autore del testo non è il personaggio che parla!

• quando uno dei testi scelti è in poesia, allora è necessario che nell’analisi uno spazio adeguato sia dedicato alla descrizione e riflessione sulla forma metrica. Insomma: devi dire che il brano è in versi, di quali versi è composto, se costituiscono forme aperte o chiuse, se sono destinati alla musica, se sono arie o recitativi...
Non dirlo equivale a una grave mancanza rispetto al mandato!

• ancora indicazioni di formattazione, che dovrebbero essere decisamente superflue:
- non usate i due punti nei titoli;
- tutti i titoli devono essere coerenti nel formato per tutta la tesina (stessi caratteri, dimensioni, stile, font, ...);
- non usate per i titoli caratteri troppo sproporzionati rispetto a quelli del testo;
- diversificate i caratteri per gli autori, per i titoli delle opere, e per la posizione dei brani nelle opere (atti e scene, o capitoli e paragrafi);
- rispettate l’ordine logico: prima l’autore, poi l’opera, poi la sezione;
- non usate il testo tutto centrato (sembrano epigrafi mortuarie!).